La fine della nostra storia è stato il più doloroso dei chiodi, conficcato in pieno petto. Ma è grazie a Lei che ho scoperto l’amore, l’amore puro, disinteressato, metafisico e totalizzante, perfetto nella sua impossibilità, l’amore di Dante per Beatrice o di Novalis per Sophie. Questo amore me lo porterò dentro fino alla fine, anche se non rischiarerà mai la mia vita, anche se non mi redimerà. Ho provato a cancellarlo, a distruggerlo, a relegarlo nella prigione dell’illusione, del sogno, ma non è servito a niente. Resta sempre al suo posto, e risplende della sua luce tenue, crepuscolare, ma inestinguibile nelle mie tenebre. Non c’è più Lei ad alimentarlo, ma non serve. È radicato in profondità e si alimenta da sé, con il proprio ricordo. Non c’è spazio per un’altra donna, per un altro amore nella mia esistenza. Non appena mi allontano di un passo, Lei mi richiama a sé e io non posso fare altro che tornare indietro, docile, arrendevole, triste. Ed è incredibile come nel dolore, ma il dolore puro, proprio dell’essere, la distanza e il silenzio non contino assolutamente nulla. Lei è lontana centinaia di chilometri da me, non mi parla più, ma non cambia niente. È sempre qui, accanto a me, a ricordarmi il mio dramma. Che è il dramma di tutti gli uomini, tranne qualche piccola differenza.
Sarà così dolce sparire…