Sostanzialmente, non c’è alcuna differenza tra chi combatte la propria battaglia in una trincea, imbracciando un’arma, e chi la combatte chino su una scrivania, impugnando una penna (se così non fosse, le poesie di Ungaretti non avrebbero alcun significato e alcun valore al di fuori del contesto bellico nel quale furono concepite, e sarebbe un’assurdità). Entrambe le battaglie sono insensate e destinate alla sconfitta. La morte è l’insensatezza e la sconfitta.
Se c’è un modo per vincere la vita, perché, come scrive Ungaretti in Sono una creatura, «La morte / si sconta / vivendo», è rassegnarsi alla morte dunque all’insensatezza e alla sconfitta. Che non significa abbandonarsi alla morte, all’insensatezza e alla sconfitta, ma comprenderne e accettarne l’irreparabilità.