I taccuini di Tarrou – 469 – L’idea di Dio

Tra tutte le idee assurde concepite dal genere umano, quella dell’esistenza di Dio, di un ordine superiore, trascendentale, che tutto vede, tutto sa, tutto può, e dell’immortalità dell’anima è la più assurda (è assurdo tutto ciò che tenta di spiegare l’uomo allontanandosi dall’uomo e dal suo stato). Tra tutte le idee disperate è la più disperata. Nel Niente ci si aggrappa al Tutto, ma un Tutto che scavalca e cancella la natura umana, ed è dunque umanamente inaccettabile.

L’idea di Dio e dell’immortalità dell’anima è un’assurda e disperata illusione, divenuta nefasto luogo comune, di cui liberarsi per poter giungere a una piena comprensione e consapevolezza della condizione umana. Condizione miserevole, dolorosa, disperata, tragica. Soltanto dalla piena consapevolezza dell’irrimediabile tragicità del proprio stato l’uomo può risorgere a nuova vita, una vita finalmente autentica, legata all’essenziale e alla verità, all’assoluto. L’assoluto non è Dio; l’assoluto è la totale assenza di Dio, è l’esclusiva presenza dell’uomo come creatura finita, mortale, condannata. Rinunciare all’assurda, illusoria e consolante idea di Dio non significa precipitare nella distruzione e nel male, ma riappropriarsi della propria natura umana. La caducità, la vanità, l’inutilità, l’insensatezza alleviano la tragedia della nascita, se condivise da tutti gli uomini, o almeno dalla maggior parte degli uomini. È ciò che immagina, ciò che sogna Versilov nell’Adolescente:

«Sarebbe scomparsa la sublime idea dell’immortalità ed occorrerebbe sostituirla; e tutto il sublime eccesso dell’amore di un tempo per colui che era Immortalità, si rivolgerebbe in tutti alla natura, al mondo, agli uomini, ad ogni filo d’erba. […] Si risveglierebbero e si affretterebbero [gli uomini] a baciarsi l’un l’altro, affrettandosi ad amare, consapevoli che i giorni sono brevi, che questo è tutto quello che rimane loro. […] Oh, si affretterebbero ad amare, per soffocare una grande tristezza nei loro cuori. […] Incontrandosi, si guarderebbero con uno sguardo profondo e pensieroso, e nei loro sguardi vi sarebbe amore e tristezza».

È questa meravigliosa, umana tristezza che dovremmo sforzarci, dando fondo a tutte le nostre energie, di ricercare!

Versilov è portavoce di un ateismo positivo, luminoso, salutare antitesi dell’ateismo violento, distruttivo, assassino di Ivan Karamazov. In Versilov il rifiuto di Dio e dell’immortalità non conduce alla logica feroce e omicida del Tutto è permesso, ma a un pieno recupero dell’uomo di se stesso, della propria natura, della propria condizione umana, tragica, dolorosa e triste, certo, ma proprio per questo veicolo di un amore, una solidarietà e una comprensione universali.

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