La storia dà ragione a Dostoevskij su molte cose, ne fa un profeta, ma lo smentisce sulla previsione alla quale probabilmente teneva di più: la capacità del popolo russo, secondo lo scrittore ultimo baluardo dell’autentico messaggio cristiano, di resistere alle lusinghe dell’ateismo rivoluzionario, dei demòni. Il popolo russo tradisce Cristo. Il popolo russo tradisce Dostoevskij. Idealizzare il popolo russo (ciò che Berdjaev definisce etnolatria) è forse l’errore più grande di Dostoevskij: non c’è popolo che meriti di essere idealizzato, non c’è popolo che sia positivo, luminoso, buono soltanto perché appartenente a un determinato paese. Anche perché esiste un solo popolo su questa povera terra: il popolo umano. La fede incondizionata nel popolo russo è la vera utopia di Dostoevskij. Il popolo russo era troppo affamato per resistere alle blandizie di coloro che gli promettevano il pane. Il popolo è sempre troppo affamato. Per questo motivo nella storia dell’uomo trionfa il Grande Inquisitore, ovvero l’autorità, in ogni sua forma, dalla più repressiva e sanguinosa alla più liberale e democratica.