Non so gridare e non so piangere. Le mie reazioni al dolore sono il silenzio e l’immobilismo. La sofferenza mi paralizza. Ma, allo stesso tempo, non so reprimere le mie grida e le mie lacrime: ne faccio parole. La mia scrittura è traduzione e forma della sofferenza, e per questo motivo, forse, non ha mai avuto né avrà mai un orizzonte ampio, ed è destinata a restare chiusa tra le quattro pareti della mia stanza. Per questi fogli, come per tutti gli altri, la luce resterà sempre e soltanto una vaga intuizione.