Non sono mai stato capace di vivere come vive Clamence prima della scoperta dell’assurdo, come vivono, in generale, tutti gli spolpati, tutti gli uomini quotidiani, a malapena. Provo un rifiuto istintivo per questa mediocre e tiepida logica esistenziale tutta borghese. La mia natura è un’altra, perennemente tesa tra il caldo e il freddo, tra il niente e il tutto. Io non assaggio, ma divoro, io non amo, ma credo, io non critico, ma distruggo. Il problema è che le nature estreme finiscono sempre per distruggere anche se stesse. Del resto, che differenza fa? Non c’è posto per loro in questo mondo del a malapena.