Non mi sono mai presentato a una prostituta come un semplice cliente, come una bestia assetata di sesso, ma come un uomo, un uomo solo e disperato, bisognoso d’amore e, soprattutto, di calore, di unione. Non lo scrivo per giustificarmi, anche perché non devo giustificarmi con gli altri. Del giudizio degli altri me ne frego, i criteri sui quali esso si fonda non sono i miei, non lo sono mai stati e non lo saranno mai. L’unico giudizio che per me conserva ancora un valore è quello delle vittime, e so che molte di loro mi assolverebbero.
Vorrei tornare da Cristina e portarle dei pensieri, un pacchetto di quelle sigarette che sempre mi offre dopo aver fatto l’amore con me, un libro e un taccuino con i quali ingannare il tempo durante le interminabili, sfiancanti e vuote attese tra un cliente e l’altro, un amuleto che la accompagni e la protegga nella sua via crucis. Ma stavolta c’è qualcosa che mi frena, che fa resistenza: la consapevolezza, forse, che il prossimo incontro con Cristina sarà anche l’ultimo, perché non posso più accettare di vederla in queste modalità, di doverla pagare per poter passare del tempo in sua compagnia.