I taccuini di Tarrou – 144

Non ho mai saputo dire le parole giuste, le parole alle quali tenevo di più, al momento giusto. Le parole giuste mi vengono sempre dopo, quando sono solo e non ho più nessuno con cui comunicare; nascono postume, come sono nato postumo io stesso, in ritardo di almeno un secolo, forse anche di più.
Ho dimenticato di dire a Cristina che, ancor più del sesso, per me sono importanti gli intervalli tra un rapporto e l’altro, quando, sdraiati uno di fronte l’altro, nudi e felici di esserlo, perfettamente a nostro agio con noi stessi, la sigaretta tra le labbra, parliamo delle nostre vite, dei nostri problemi, dei suoi sogni. Perché me ne sono dimenticato? Perché quando questo pensiero mi è venuto in mente stavo rivestendomi per andare via, e non volevo andare via, e dover andare via contro la mia volontà mi amareggiava e rattristava molto. Ecco, l’amarezza e la tristezza mi ammutoliscono, precipito in essi e non riesco più a pensare ad altro.
Sento ancora le sue dita che affondano nella mia carne, con forza, in profondità, come se volesse entrarmi dentro, come se volesse fondersi con me in un’unica cosa e, forse, scomparire. Inizio a essere geloso degli altri clienti e non va bene, è un brutto segno, anche perché non è in mio potere salvarla. Posso solamente passare con lei più tempo possibile, per evitare che siano altri a farlo, proteggendola così dai rischi che sono sempre dietro l’angolo in questo maledetto mestiere.
Le ho detto che ciò che più mi piace di lei sono gli occhi, occhi profondi, luminosi, di un colore comune, ma di un’espressività e di una bellezza rare.
– Li vuoi? – mi ha domandato scherzando.
– Magari! – ho risposto.
– Così vedresti ciò che vedo io, – ha detto sorridendo.
Non le ho chiesto cosa vede con i suoi occhi, purtroppo, e sempre perché stavo per andare via e l’amarezza e la tristezza mi avevano già catturato, irretito. Ecco, tornare da Cristina una quarta volta per sapere cosa vede con i suoi occhi, solamente per questo, sarebbe un buon motivo.
Io so cosa vedo con i miei occhi dalle palpebre recise (se Cristina me lo chiedesse andrei in grande difficoltà): vedo dolore, distruzione, disperazione, malvagità, miseria, morte e nient’altro, nient’altro… Come potrei descriverle un tale incubo?

Zinaida Serebrjakova, Autoritratto, particolare
I taccuini di Tarrou. Un altro anno di resistenza , , , , , , ,

Informazioni su Simone Germini

Classe 1989, dopo il diploma di liceo scientifico mi iscrivo alla facoltà di Lettere presso l'Università degli Studi di Roma La Sapienza, dove mi laureo nel luglio del 2015 con la tesi «Figlie della crisi. I personaggi femminili di Heinrich von Kleist», pubblicata sulla rivista «Le rotte - Il porto di Toledo». Sempre presso lo stesso ateneo, nel settembre del 2017, conseguo la laurea magistrale in Filologia Moderna, con la tesi «Con le parole guerra alle parole. Linguaggio e scrittura in Carlo Michelstaedter». Dal 2012 al 2018 sono stato caporedattore del blog «Freemaninrealworld». Insieme con Lorenzo Pica, Raffaele Rogaia e Marco Zindato ho fondato il sito iMalpensanti.it. Sul blog «Bazzecole» i maldestri tentativi di scrittura creativa. Per info e contatti simonegermini@yahoo.com.

Precedente I taccuini di Tarrou - 143 Successivo I taccuini di Tarrou - 145