A te, caro Lettore, dono questi versi sommessi, conati di un’anima inquieta ed affranta che ogni giorno di più vede affievolirsi la fiamma della sua vitalità.
Una sola preghiera: nell’indignazione chiedo indifferenza. Grazie.
Il canto della Rassegnazione
La rassegnazione è un suicidio quotidiano.
Honoré de Balzac, Illusioni perdute.
Ma cosa importa
di beatitudini che non esistono
se non nelle vacue fattezze
di caduche utopie?
Cosa importa
di dolori tanto vivi da asfissiare,
di morti mute ed incomprese,
di parole ovunque gettate al vento,
di versi abortiti come figli indesiderati?
Cosa importa
di bellezze marmoree,
dell’arte, delle stagioni,
dei temporali e delle tempeste?
Cosa importa
dei papaveri purpurei maltrattati dal vento
ai cigli di binari senza meta,
di battelli alla deriva
sepolcri d’incoscienti marinai,
di aeroplani di cera
umani volatili privi di grazia?
Cosa importa
dei tuoi occhi scioccanti
e dell’immensa voluttà che provo ammirandoli?
Cosa importa
delle nubi vaporose
e soffici come i tuoi seni
miei prediletti guanciali?
Cosa importa
dell’azzurro insolente
del cielo d’estate,
delle notti insonni
colme di incubi macabri,
delle piogge acide che annientano
inestimabili ettari di secolari selve?
Cosa importa
della chimerica eternità
cui l’uomo penoso aspira,
instancabilmente,
dei lampi fulgenti
che irradiano l’aria quando
l’artista è toccato dal suo dio?
Cosa importa
delle lacrime e delle grida strazianti
che lacerano questo misero
globo agonizzante ovunque,
e comunque?
Cosa importa
della fatica con la quale ostinatamente
sopravvivo maledicendomi?
Cosa importa
dei treni affollati
di animali mitici prigionieri
delle loro magnificenze?
Cosa importa
dei ricordi mutilati dal tempo
e del tempo stesso
crudele despota libero di
tiranneggiare e spadroneggiare
a suo spietato piacimento?
Cosa importa
della follia ebbra di vino e di terrore
che avvolge i senzatetto
moribondi nelle stazioni ferroviarie?
Cosa importa
dell’avvenire oramai inutile
come una futile superficialità?
Nulla,
non importa nulla di tutto ciò
all’individuo rassegnato, disgraziato
cosciente dell’atroce
e solo destino che attende
l’intero genere umano:
la morte.