I taccuini di Tarrou – 462 – Io non dormo mai

I personaggi di Dostoevskij non sono soltanto personaggi, sono uomini. Li vediamo, li ascoltiamo, li conosciamo, li amiamo, li odiamo, e vedendo, ascoltando, conoscendo, amando, odiando loro in realtà vediamo, ascoltiamo, conosciamo, amiamo, odiamo noi stessi (forse soltanto nel Joyce dei Dubliners si ritrova una tale capacità creativa, una tale profondità nella creazione della figura umana, che trascende la dimensione letteraria, artistica e sfocia nella vita, nella realtà).

Tra tutti gli uomini di Dostoevskij, quello che sento più vicino a me e per il quale provo il maggiore affetto è Kirillov. Kirillov è un fratello, è mio fratello, forse l’unico che abbia mai avuto.

«Io non dormo mai», dice Kirillov a un estasiato Šatov nella notte meno cupa dei Demòni, l’unica in cui brilli una speranza, seppur flebile e tremolante, e in ciò, oltreché nella solitudine, è la sua tragedia. Kirillov è un insonne metafisico. Concentrato tutto nel proprio pensiero, nella propria idea, autentico abisso filosofico, non conosce più riposo né evasione. Di ogni singolo attimo in vita sente tutto il peso e l’assurdità. Nella sua breve esistenza, concentrata tutta in un punto, vive, e soffre, l’eternità.

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