Nella nostra debolezza, nella nostra insicurezza, nella nostra paura tendiamo a vedere negli altri noi stessi: dei malati se siamo malati, dei viziosi se siamo viziosi, dei disperati se siamo disperati. Quest’ultimo è forse il mio caso. Ma, al di là delle contingenze, delle circostanze, non è forse il destino mortale, la sanguinosa matematica che regola le nostre esistenze, a fare degli uomini, di tutti gli uomini, senza distinzioni, dei disperati? È lo stesso principio logico secondo il quale la morte rende ogni vita, anche la più luminosa, autentica, ricca, giusta (non posso far altro che pensare a Cristo e Socrate, i due più grandi persuasi), insensata e tragica.