Quasi tutti i libri di Dostoevskij valgono, da soli, un’intera esistenza. È incredibile che un solo uomo sia stato capace di creare tanti testi straordinari. Sarebbe bastato uno di essi a consegnare il nome di Dostoevskij alla storia della letteratura.
Mi chiedo, tuttavia, come il mondo avrebbe accolto Dostoevskij se avesse scritto soltanto le Memorie dal sottosuolo, uno dei libri più cupi, dolorosi, disperati e disperanti di sempre. Probabilmente Dostoevskij non avrebbe raggiunto il successo, sarebbe rimasto uno scrittore noto a pochi, soltanto ai veri disperati, sarebbe morto solo, dopo aver fatto la fame per tutta la vita, distrutto dai debiti, dal vizio del gioco e dall’epilessia. Il mondo lo avrebbe scoperto molti anni dopo, postumo, magari nel secolo successivo, il ventesimo. Perché è questo il triste destino che attende gli scrittori incapaci di spingersi oltre la disperazione, di forzarla, di scardinarla e aprirsi ad altri orizzonti. Penso, per esempio, a Stirner, ignorato dai contemporanei eppure autore dell’unica vera filosofia del martello nella storia del pensiero occidentale. Oppure a Kleist, incompreso dal proprio tempo eppure drammaturgo visionario, riscoperto e rivalutato, non a caso, dalle avanguardie del Novecento.