Non sono mai stato capace di godermi il momento, la mia testa e il mio spirito vanno sempre oltre.
Amo la pioggia, la pioggia feroce, che grida e purifica; amo il tuono, il tuono fragoroso che sembra strappare il cielo come un foglio di carta; e il lampo, il lampo accecante che illumina a giorno la notte tempestosa. Ma un temporale estivo non mi dà alcun sollievo. La consapevolezza di giorni e giorni senza pioggia, aridi e asfissianti, interminabili e brucianti, priva l’improvviso e salutare temporale estivo di ogni piacere. Lo osservo, lo ascolto, ma è come se non ci fosse, come se fosse una fantasia della mia immaginazione frustrata dall’estate. Il mio pensiero corre già a domani, quando tornerà il sole feroce di giugno, o di luglio, o d’agosto ad aggredire la terra, a violentarla, deturparla, bruciarla.
Allo stesso modo, non sono mai stato capace di godere appieno degli incontri con Cristina. Quel momento di compagnia, di piacere, di calore umano e femminile, è sempre stato avvelenato dalla consapevolezza della mia vita senz’amore. D’accordo, in quell’attimo ho una donna amorevole e bella al mio fianco, ma tra un’ora, tra mezz’ora, poi tra dieci, infine tra cinque minuti tornerò immancabilmente alla mia solitudine, al mio vuoto. Allora penso che sarebbe meglio non interromperla affatto la mia solitudine, neppure per un’ora. Meglio restare sempre così e pensare che alla mia solitudine e al mio vuoto non esistono proprio alternative, che è questa la mia condizione naturale dunque immutabile.