Il Paradiso
Il “santo” Natale porta nelle tasche del giovane Sebastian denaro fresco, parte del quale destinato, come ogni anno, al piacere sessuale. Sebastian questa volta ha deciso di puntare in alto, di alzare il livello della prestazione. Non più una povera donna straniera gettata sulla strada, ma una disinvolta e piuttosto costosa professionista italiana. Fino ad ora non ha mai posseduto una connazionale, dunque si tratta di un’esperienza nuova e particolarmente eccitante per lui.
Questa brama di consumare un rapporto carnale con una donna della sua stessa nazionalità è dettata da una necessità. Sebastian è giunto in una fase della sua giovane esistenza in cui sente il bisogno di vivere una relazione, seppur breve e a pagamento, che sia il più possibile umana e affettiva. Ed è sicuro che questo glielo possa offrire solamente una prostituta italiana.
L’accurata ricerca del partner si conclude dopo un paio di giorni, caratterizzati da attente valutazioni delle foto esposte negli annunci – l’inganno è sempre dietro l’angolo – e di chiamate esplorative, e lo conduce tra le braccia di una signora di mezza età bruna, dal fisico ben preservato e invitante.
Sebastian raggiunge la piccola piazza in cui si trova l’appartamento della donna nel pomeriggio. La chiama, lei risponde che lo potrà ricevere tra un’ora. Un’ora di trepidante, feroce attesa. Il giovane la trascorre passeggiando nervosamente, con in mano la fastidiosa bottiglia di spumante che porta in dono. Il suo sguardo irrequieto, impensierito dall’eccitazione, si posa con disinteresse sulle vetrine dei negozi, ancora tutte addobbate a festa. Entra in una libreria, ma ne esce subito. Tutta la sua attenzione confluisce come un unico blocco nel pensiero del rapporto sessuale che sta per consumare, con una bellissima donna di vent’anni più grande. L’unico istante in cui la tensione passionale si allenta, è quando il giovane intravede in un locale alla moda un gruppo di suoi coetanei. La spensieratezza, la gioia e il divertimento che caratterizzano l’allegra brigata proprio non gli appartengono.
“Io non sono come voi”, pensa Sebastian fermandosi un momento ad osservare la comitiva. “Io mi muovo tra di voi come se fossi in attesa di un normale appuntamento con una normale ragazza, ma non è così”.
Nessun rimorso in queste fugaci riflessioni, solo un filo trasparente di amarezza che cola dal suo cuore, ottenebrando un poco il giovane, comunque sempre impaziente.
Sebastian è giunto che il sole illuminava ancora la città, le strade affollate e il barbone senza fissa dimora accampato nella piccola piazza. Quando riceve il via libera dalla donna a salire nell’appartamento, è oramai calata la sera. Una sera improvvisa, non annunciata da un tramonto invisibile tra i palazzi.
«Portone D come Domodossola, l’ultimo. Terzo piano».
«Arrivo».
Sebastian si insinua con circospezione nel cortile curato della palazzina. Il portone è aperto e vi si infila velocemente. Con altrettanta velocità, evidentemente sintomo di un’eccitazione incontenibile, divora le scale quasi saltando. La donna lo attende oltre la soglia della porta accostata. Accostata quanto basta per lasciare spazio ad una fessura dalla quale sbirciare l’arrivo del cliente tanto atteso. Una stretta di mano e un sorriso, poi in cucina.
«Questa è per te», sussurra Sebastian alla donna porgendole la bottiglia di spumante.
«Grazie, che pensiero carino. La apro subito così brindiamo. Accomodati pure».
Nei secondi in cui lei è impegnata a prendere i bicchieri, stappare e versare, il giovane lancia un’occhiata alla casa e alla sua imminente compagna erotica. Un appartamento discreto, piuttosto grande e ben arredato. Una donna con un gran bel fisico, snello, ottimo compromesso tra l’assenza e l’eccesso di forme. Unico neo forse il volto, solcato da qualche ruga di troppo. Beatrice, questo il nome della prostituta, se d’arte o di battesimo Sebastian non lo saprà mai, intrattiene il giovane con discorsi piacevoli, cordiali. Non dimostra di avere fretta ed è un gran bene.
È madre di tre figli, che la credono badante di una ricca vedova. Si trova in questo appartamento in affitto, segno che deve guadagnare davvero bene. Un politico locale ha perso la testa per lei.
«Sai, capita che ci si innamori in questo ambiente. Lui mi ha detto che se voglio mi toglie da questo schifo di vita. Mi ha offerto un posto di lavoro sicuro, in una botte di ferro. Gli ho proposto di sistemare prima i miei figli, poi si vedrà».
«E lui?».
«Lui ha trovato lavoro alla più grande».
Indossa una fede. Che sia anche sposata?
Entrambi fumano avidamente, guardandosi negli occhi con intensità. Beatrice spegne la sigaretta sottile e sporca di rossetto schiacciandola nel portacenere, camposanto di decine di cicche ricoperte dalla cenere come lapidi ricoperte dalla neve. Sebastian fa lo stesso.
Lei si alza e gli si avvicina provocante. Dea della sensualità si siede sulle gambe frementi del giovane e inizia a spogliarlo con dolcezza. Sebastian afferra senza indugi il sinuoso corpo femminile che gli si concede, lascia che le mani voluttuose godano della pelle straordinariamente levigata a dispetto degli anni.
Baci sparsi, effusioni ardenti. In pochi secondi il giovane non indossa più il maglione, né la camicia. Il suo petto scarno è nudo, in balia delle calde carezze dell’esperta meretrice.
Beatrice conduce per mano Sebastian in camera da letto. Il rumore dei tacchi vertiginosi è attutito dai tappeti. Lei si adagia sulle lenzuola chiare e attende il giovane che senza troppa fretta termina di spogliarsi. Sebastian non ha alcun timore di mostrarsi nudo, in tutta la sua magrezza, ad una prostituta. Sarebbe reticente, proverebbe vergogna e imbarazzo dinanzi una donna normale, ma non dinanzi una professionista del sesso. Tratto caratteristico della sua complessa e oscura personalità.
In un istante un groviglio di corpi corrotti, insaziabili ed ebbri di piacere.
Il rapporto carnale dura un’ora e produce nell’animo del giovane un sentimento misto di appagamento e di soddisfazione straordinario, mai provato prima. Un impetuoso e incontrollato susseguirsi di orgasmi autentici da entrambe le parti. Magnifico.
Beatrice e Sebastian si ritrovano di nuovo in cucina a parlare, bere, fumare. Lei espone al giovane spicciole eppure efficacissime teorie di psicologia maschile, che affrontano la delicata tematica della dipendenza dell’uomo rispetto al suo organo riproduttivo, ma non solo.
«Voi uomini non tradite. Avete bisogno di cambiare partner sessuale periodicamente, ma non tradite. È una necessità fisiologica. Se invece la donna va con un altro uomo, significa che è davvero finita».
I due si salutano con un ultimo, lungo bacio, proprio come due amanti innamorati. Sebastian lascia l’appartamento soddisfatto, per la prima volta da quando usufruisce delle grazie di donne in vendita, senza provare neppure un briciolo di rimorso.
Ha posseduto una donna italiana, finalmente, per di più di mezza età – sogno erotico di molti suoi coetanei -, instaurando con lei un rapporto umano. Ha vissuto una passione autentica in un ambiente ospitale. Un lembo luminoso di Paradiso nella sua vita monotona, insignificante, buia.
Il Purgatorio
Proprio perché paradisiaca e senza precedenti, l’ultima esperienza sessuale vissuta da Sebastian lo spinge a gettarsi di nuovo nel vortice dei piaceri carnali. Beatrice ha sollecitato oltremodo il suo desiderio.
Solo pochi giorni, forse addirittura ore e l’appagamento si è dissipato nell’aria come una nube vaporosa, lasciando il posto ad una brama lasciva e insaziabile.
I fondi a disposizione del giovane, studente universitario che vive con i doni monetari di genitori e parenti concessi proprio nei periodi di festa, gli permettono di intraprendere una nuova avventura. Ne ha bisogno come l’assetato ha bisogno di bere, come il claustrofobico intrappolato in un angusto stanzino ha bisogno di spazi aperti, ampi, sconfinati.
Sabato sera. Mezzanotte. Sebastian abbandona gli amici snocciolando un’abile menzogna. Dichiara di avere uno smisurato bisogno di dormire, di riposare dopo una faticosa giornata aggravata da un’emicrania continua e dolorosa. La sua testa è stata davvero oggetto di lancinanti tumulti, come se dei cavalli allo stato brado vi galoppassero sopra, che tuttavia dal tardo pomeriggio si erano affievoliti fino a sparire completamente la sera.
Giunto in automobile digita invece il numero della professionista prescelta. Ancora una volta una donna italiana. Di una decina d’anni più giovane di Beatrice, e meno costosa.
«Pronto?».
«Salve. Disturbo?».
«No…».
La voce dall’altra parte del telefono è assonnata, ma non per questo irritata.
«Va bene se la raggiungo ora?».
«Ora? Ma è mezzanotte passata. Sono già in pigiama…».
«La prego… Sono un tipo a posto».
«Lo so, lo sento… Però… E va bene, dai».
«Perfetto. Tra un quarto d’ora, al massimo venti minuti sono da lei».
«D’accordo».
La prostituta spiega la strada con accortezza. La voce tradisce stanchezza, ma è egualmente gentile.
Così, come qualche giorno prima aveva divorato le scale per raggiungere l’appartamento di Beatrice, Sebastian divora ora la strada sfrecciando a folle velocità. In pochi minuti, meno di quelli dichiarati nella conversazione telefonica, si ritrova dinanzi un’abitazione modesta, un prefabbricato in legno immerso nella campagna. Le tenebre e il silenzio dominano una notte senza stelle. Il cielo è infatti coperto da nubi immense che preannunciano pioggia. Il luogo e l’atmosfera trasmettono nell’animo del giovane eccitato un inquietante sentimento di desolazione, presagio di sventure.
La prostituta accoglie davvero Sebastian in pigiama. Un pigiama felpato color rosa. La camera da letto è squallida, senza mezzi termini. Il legno piegato dal peso dei due scricchiola.
La donna ha una trentina d’anni e il suo volto pallido, scarno è segnato da profonde occhiaie nere, spaventose. Il suo fisico è troppo magro. Il giovane è attratto solamente dai piedi della tarchettiana [1] meretrice, ben curati, le unghie dipinte di uno smalto scuro. Vi si lancia affamato con l’intenzione di baciarli, di gustarne il sapore, aspirarne la fragranza e ammirarne la pregevole fattura. Così da poter dimostrare tutta la sua devozione alla femminilità, sebbene dinanzi non ne abbia un esemplare eccezionale. Ma lei li ritrae bruscamente, esclamando con imbarazzo: «No! I piedi no. Non li ho lavati…».
Il rapporto non dura più di qualche minuto.
Rivestendosi Sebastian getta uno sguardo rabbuiato alla sua banconota ancora posta sul vecchio comodino, rimpiangendola.
“Denaro gettato al vento”, pensa laconico tra sé. Se potesse tornerebbe indietro per evitare il fattaccio.
“Sono uno sciocco. Un maledetto sciocco”, pensa allacciandosi le scarpe. Maledice se stesso per avere investito in un modo tanto becero del denaro frutto dei sacrifici dei genitori. In fretta saluta l’assopita, quasi dormiente prostituta scusandosi per il disturbo arrecato a causa dell’ora insolita.
«Non ti preoccupare», risponde lei sbadigliando, «quando esci chiudi il cancello. Grazie».
Sebastian torna a casa guidando con moderazione. Rimugina tra sé accusandosi e insultandosi, scagliandosi, in una violenta invettiva appena sussurrata, contro la sua dipendenza dal piacere. Se nel rapporto lungo e intenso con la bella Beatrice aveva scovato un lembo dorato, mitico, miracoloso di Paradiso, in questo rapporto freddo e rapido, troppo rapido, peraltro con una donna bruttina, è piombato nell’irritante grigiore del Purgatorio.
L’Inferno
“Non è possibile, no, non è possibile. Non ci credo. Il mio corpo freme, trema desideroso, bramoso di un rapporto carnale perverso, depravato. Sento scorrere il fuoco nelle vene, un fuoco terribile e inestinguibile e non so resistere alla tentazione. Perché? Perché una tale, corrotta e orribile maledizione si è dovuta abbattere proprio sul mio capo?”.
Ancora una volta. Ancora un’ultima, dannata volta.
“Finalmente tutto è finito”.
Sebastian ha consumato, nel giro di pochi giorni, il terzo rapporto sessuale con una prostituta. Dei tre, quest’ultimo è stato il più schifoso, il più volgare e dunque il più colpevole, perché ispirato dalla pura depravazione e nient’altro.
Un nodo inestricabile gli serra la gola, mozzandogli il fiato. Fatica a respirare.
Il giovane torna a casa gemendo, singhiozzando, tanto grande è il dolore causato da quest’ultima esperienza. Le lacrime sono la conseguenza naturale dell’odio feroce che prova verso se stesso.
Lungo la strada del ritorno si ferma alla prima fontana che incontra. Si lava le mani e il volto con l’acqua gelida. Non sente freddo, eppure il vento tagliente di gennaio soffia forte. Senza neppure asciugarsi risale in macchina e torna a casa. Raggiunto finalmente il caldo e rassicurante giaciglio buio e addormentato – tutti i componenti della famiglia sono infatti fortunatamente già a letto – sprofonda nella poltrona della sua camera. Provato, devastato, annientato dall’avventura riunisce le poche energie a disposizione che gli sono rimaste per scrivere versi. Versi terribili, nei quali concentra tutta la sporcizia e il tormento del suo animo fatto a pezzi.
Precipito nel gorgo
ancora una volta,
nel gorgo infernale.
Non vorrei,
ma il peccato schiaccia la volontà
e varco la soglia
avvolto dalle tenebre,
dal calore e dal lezzo
che inorridiscono le narici e lo spirito.
Preda di un demone androgino
dal volto deformato
e dal ventre enorme,
che cattura il mio corpo scarno
con i suoi luridi, lascivi artigli
insozzandolo della sua bava infetta.
Sono perduto.
Forse per sempre.
L’eternità è breve,
per questo più intensa
e non basta la pioggia
che fuori nella notte cade copiosa
a purificare da colpe
delle quali addosso porterò
troppo a lungo il fetido odore.
Corrotto l’animo,
corrotte le mani e le labbra
come potrò un giorno donare
quel poco che resta del mio cuore avvelenato
ad una donna pura e salva?
Ho bisogno di dormire,
di morire almeno per qualche ora
e di risvegliarmi,
di rinascere alla luce del sole.
NOTE
[1] Il riferimento è a Fosca, la protagonista dell’omonimo romanzo di Igino Ugo Tarchetti.