Memorie dal nulla – Seconda parte. La tentazione di vivere – VII

Rividi Pietro un mese prima delle nozze.
– Il grande giorno si avvicina. Come va? – domandai.
– Inizio a sentire una certa tensione, e anche un leggero fastidio, pensando di dover stare per così tante ore al centro dell’attenzione, – rispose Pietro.
– Non ti invidio per niente, vecchio mio.
– Beh, anche per te sarà una giornata molto particolare, – disse Pietro sorridendo. Sapevo che avremmo parlato di Veronica e non mi dispiaceva affatto. Da quel colloquio avrei potuto trarre spunti utili e schiarirmi le idee.
– Già, sarà una giornata particolare e impegnativa anche per me, – ammisi, – ma lo sarebbe stata comunque, ci tengo a precisarlo, perché le tue nozze rappresentano una tappa fondamentale anche della mia vita.
– Lo so, Giosuè. All’inizio volevo che fossi tu il mio testimone. Sei un fratello per me, sei sempre stato presente negli eventi più importanti della mia vita e mi hai convinto a sposare Sara, ma ho deciso di mettere da parte la mia volontà e liberarti da questo peso. Sapevo che per te sarebbe stato troppo impegnativo farmi da testimone, troppo… fastidioso. In questo modo potrai concentrarti esclusivamente su Veronica, senza dover pensare ad altro.
Fui grato a Pietro per quella straordinaria dimostrazione di amicizia e comprensione. Sarebbe stato davvero penoso per me fare il testimone e lui lo sapeva. Io che sono sempre stato in disparte, rintanato in un angolo, avrei provato una profonda e sgradevole sensazione di disagio.
– Grazie, Pietro, – dissi riconoscente, appoggiandogli una mano sulla spalla. Eravamo seduti l’uno di fronte l’altro, nel solito locale di Nettuno, davanti alla solita birra ghiacciata, fumando la solita sigaretta. Luoghi e gesti abitudinari che annullavano di colpo la distanza che ci separava.
– Cosa provi sapendo che tra un mese, appena un mese, vedrai Veronica?
– Provo una grande curiosità, una grande eccitazione e un discreto timore. Mi sto sforzando di pensare il meno possibile al nostro incontro e di non nutrire aspettative. Non sarebbe giusto, soprattutto nei confronti di Veronica, ma so che non resisterò alla tentazione di abbracciarla appena ne avrò l’occasione. Ho bisogno di un contatto fisico per certificare la sua esistenza, per avere la prova definitiva che non si è trattato solamente di un sogno, che Veronica non è una mia creazione, ma una donna vera, in carne e ossa.
– So che può sembrare paradossale, ma in questa storia, tra voi due, chi ha tutto da perdere sei tu.
– Non devi preoccuparti per me, Pietro, anche perché ho deciso che il nostro primo incontro sarà anche l’ultimo. Quel giorno la conoscerò di persona e le dirò addio.
– Conoscendoti, sospettavo una cosa del genere, è nel tuo stile.
– Veronica è diventata troppo importante per me, il mio amore per lei si fa ogni giorno più profondo, più intenso, alimentato dalla distanza e dall’impossibilità. La vedo e la sento dappertutto dentro e fuori di me, fisicamente. Per questo le dico addio. Vederla, ammirarla, contemplarla, parlare con lei, sfiorarla e poi dover tornare a una semplice corrispondenza, come se niente fosse, sarebbe troppo doloroso. Doloroso e insensato. L’incontro rappresenterà il momento culminante della nostra conoscenza, dopo il quale, almeno per me, niente sarà più come prima. Non avrebbe senso ricominciare a scriverci, solamente scriverci, dopo esserci incontrati. Forse avrebbe un senso per lei, ma non per me. Forse non mi esprimo bene, non sono chiaro e non riesci a comprendermi, ma io comprendo tutto e so che anche Veronica comprenderà.
– Anch’io ti capisco, Giosuè, davvero. Piuttosto mi hai sorpreso, positivamente, non interrompendo prima il rapporto con Veronica.
– Ti confesso che qualche giorno fa ho avuto la tentazione, ma una tentazione fortissima, bruciante, di dirle addio. Avevo scritto la mail di commiato ed ero pronto a inviarla, poi però mi sono reso conto che sarebbe stato giusto, avendone la possibilità, separarmi da lei di persona, guardandola negli occhi. Lo devo a lei, a me stesso e alla nostra storia.
– Devi amarla molto, – disse Pietro quasi a bassa voce, guardandomi di sottecchi, temendo una mia reazione scomposta. Ma sorrisi ascoltando quelle parole.
– La amo come non ho mai amato nessuna donna prima d’ora. La amo come amo i miei scrittori e i miei libri preferiti, come amo Dostoevskij e I fratelli Karamazov. Veronica è tutto e le parole non bastano per descrivere la sua ricchezza, la sua grandezza. È lei che ho sempre cercato nella mia vita, da quando ho una coscienza, lei e nessun’altra, – confessai con entusiasmo. Era la prima volta che rivelavo ad anima viva il mio amore per Veronica.
– Hai amato tante donne, Giosuè, forse troppe, ma non ti ho mai visto così entusiasta. Non hai mai parlato di una donna con tanto trasporto, con tanto ardore. Parli di Veronica come parli di Dostoevskij ed è impressionante, davvero.
– Perché nessuna delle donne che ho amato, o credevo di amare, era come Veronica. È una fonte di luce purissima e abbacinante, che ha squarciato le mie tenebre. Veronica è vita, energia, coraggio. Mi ritengo fortunato, davvero, di aver semplicemente sfiorato tutto questo e Veronica, con la sua presenza costante in questi mesi, ha impreziosito la mia esistenza, rendendola meno misera e insignificante. In ogni sua mail ha una parola buona per me, una parola dolce, carezzevole, di conforto, e una parola energica, di incoraggiamento. Grazie a lei, per la prima volta nella mia vita, mi sono sentito un vero scrittore e un uomo migliore.
Rivelavo tutto a Pietro ed ero un fiume in piena. Parlargli del mio amore per Veronica, che fino a quel momento avevo custodito gelosamente dentro di me, mi era necessario, per allentare la tensione e affrontare con serenità quell’ultimo mese di attesa.
– Se avessi incontrato Veronica in circostanze diverse, continuai, – avrei lottato per lei, per conquistare il suo amore, sarei volato a Milano subito, dopo poche mail, e mi sarei inginocchiato al suo cospetto omaggiandola come una dea. Forse sarei riuscito a conquistare il suo amore… Avremmo iniziato una nuova vita insieme e lei mi avrebbe salvato. Avrei messo in discussione tutto per Veronica, tutto. Lei queste cose le sa. Le ho dichiarato presto il mio amore e, se ci penso, anch’io mi sorprendo di essere riuscito a resistere sette mesi in questa condizione di impossibilità, ma ora è arrivato il momento di dire basta, di interrompere il nostro rapporto per sempre e tornare alla vita di prima, come se non fosse accaduto nulla. E in effetti non è accaduto nulla.
– È così triste… – sospirò Pietro, compatendomi.
– È la vita, vecchio mio, la dittatura bendata del caso, che fa e disfa senza che possiamo farci nulla, – dissi con un sorriso affilato, velenoso.
– Non è giusto, Giosuè, potresti essere così felice con lei.
– Non è corretto parlare di giustizia, perché il caso non è buono o cattivo, ma semplicemente il caso. L’infelicità e l’insoddisfazione sono il mio destino, deve essere così. Del resto, siamo tutti infelici e insoddisfatti. L’unica differenza è tra chi ne è consapevole e chi no, tra chi accetta l’infelicità, l’insoddisfazione e che invece fa finta di niente, voltandosi dall’altra parte, distogliendo lo sguardo da quel baratro nel quale prima o poi, volente o nolente, dovrà precipitare. Veronica in questi mesi mi ha regalato sentimenti positivi, che forse non avevo mai provato prima, come l’amore e la gratitudine, la fiducia e l’autostima, ma, come ti ho già detto una volta, e come ho detto anche a lei, non mi sono mai sentito così solo e disperato come in questi ultimi sette mesi, e questa condizione non può protrarsi ancora per molto, perché è davvero insopportabile e ricopre di una spessa coltre funebre la nostra storia.
– Ma Veronica non è l’unica, Giosuè, non può essere l’unica, devono esserci per forza altre donne come lei nel mondo, è inevitabile.
– Stai facendo un approssimativo calcolo delle probabilità, Pietro, niente di più, come Cristo quando dice che gli ultimi saranno i primi. E poi sono stanco e vuoto, prosciugato. In questi ultimi mesi sono invecchiato moltissimo, a una velocità doppia rispetto al passato. Qualche giorno fa, guardandomi allo specchio, mi sono spaventato. Sono sembrato sempre più giovane della mia età, ora anche questa illusione sta andando in frantumi. Guarda, quando sorrido la pelle attorno agli occhi si raggrinzisce tutta e sulla fronte mi sono spuntate tre rughe lunghissime, che si approfondiscono, si scavano ogni giorno di più. È spaventoso. Per non parlare dello spirito… spiritualmente sono un centenario. E in queste condizioni dovrei cambiare la mia vita, trovare un lavoro, mescolarmi tra i miei simili come se niente fosse, stringere nuove relazioni… Magari il mio immobilismo fosse dovuto alla pigrizia! Magari fossi uno scansafatiche! In realtà sono solamente un uomo finito e nessuno se ne accorge. Non immagini quanto sia frustrante…
– Veronica non ti ha mai mostrato uno spiraglio, una fessura, per quanto stretta, che ti possa far pensare a un esito diverso? – domandò Pietro con cautela e quasi con vergogna.
– No, mai. All’inizio della nostra corrispondenza mi scrisse che correva il rischio di innamorarsi di me, ma non poteva permetterselo. È riuscita a resistere e sono felice per lei, davvero. Cosa avrei potuto darle? Niente. Non mi rattrista questo, anche perché sono sempre stato consapevole e rispettoso dei suoi ruoli di moglie e madre, del suo matrimonio, della sua famiglia, della sua vita e non mi sono mai permesso di corteggiarla. Non ho mai detto a una donna ti amo in un modo così disinteressato e arreso, senza sperare di ricevere niente in cambio. Sarebbe stato disonesto da parte mia e io non ho mai saputo essere disonesto con gli altri, per quanto a volte lo abbia desiderato con tutte le forze, ma solo con me stesso. Ma il punto non è questo, il punto è che ho incontrato Veronica troppo tardi, a giochi fatti, ed è questa suprema crudeltà della vita il mio cruccio più grande.
– È vero, non sarà ingiusto, ma crudele lo è senz’altro.
– Sì. Non posso fare altro che dirle addio, è giunto il momento. Sono sette mesi che penso a Veronica tutti i sacrosanti giorni, da quando ho ricevuto la sua prima mail. Non mi era mai accaduto e non credevo potesse accadermi, soprattutto a trent’anni. Ora devo separarmi da lei e tornare nel nulla, devo farlo, è un’esigenza fisica. Almeno le potrò dire addio di persona, guardandola negli occhi, magari stringendole la mano, e non è poco, anzi, lo ritengo un vero privilegio. Non avrei mai cercato di incontrarla in queste condizioni, per nessuna ragione, e infatti non l’ho fatto, ma è capitata questa occasione e devo sfruttarla per interrompere il nostro rapporto. Sarebbe terribile vederla, parlare con lei e poi, alla fine della giornata, quando lei tornerà alla sua vita e io alla mia, sapere di non poterla rivedere e accontentarmi di una semplice corrispondenza. No, sarebbe una tortura. Meglio conferire a quella giornata un significato ancora più profondo, definitivo, estremo anche se in negativo. In questi sette mesi io e Veronica abbiamo scritto pagine importanti, e non solo per noi due. Veronica mi ha regalato il carteggio che avevo sempre desiderato, dal valore umano, spirituale e filosofico inestimabile. È il libro migliore che abbia mai scritto, forse un giorno lo leggeranno in tanti e per loro sarà una lettura determinante. Il nostro carteggio rappresenta una sorta di dialogo tra il giorno e la notte, tra la vita e la morte e c’è molto, moltissimo, forse persino tutto. Due mondi completamente diversi, opposti, di fatto inconciliabili, ma interdipendenti, legati indissolubilmente l’uno all’altro, che si confrontano, si riconoscono differenti, ma si apprezzano, si ammirano, si amano. A Veronica in questi mesi ho donato la parte migliore di me stesso, che non credevo esistesse più, e so che è in mani sicure. Lei resterà per sempre una persona fondamentale nella mia vita, ormai mi scorre dentro, mista al sangue e non andrà più via, ma è giusto che il nostro primo incontro rappresenti anche l’ultimo atto del nostro rapporto. La amo troppo, con ogni singola fibra del mio essere, fisico e spirituale, perché non sia così.
Pietro si alzò dalla sedia, mi gettò le braccia al collo e scoppiò a piangere. Era la prima volta, in trent’anni, che lo vedevo piangere e provai un forte imbarazzo.
– Scusami, Giosuè. Meriteresti molto di più di quello che hai. Meriteresti un’altra vita, meriteresti un riconoscimento e… meriteresti Veronica -, disse Pietro staccandosi da me e asciugandosi gli occhi con il dorso della mano.
– Non devi rattristarti per me, Pietro. Sai come la penso, ognuno ha ciò che si merita ed io evidentemente non merito più di questo. In fondo non posso lamentarmi, non soffro la fame, ho scritto qualche buona pagina e ho conosciuto la mia donna ideale. Quanti uomini possono dire lo stesso? Spero solo di avere la possibilità di mettere in pratica i miei propositi, di avere a disposizione Veronica per almeno dieci minuti.
– Probabilmente avrai più di dieci minuti, perché verrà da sola.
– Da sola? – domandai stupito, sorridendo mio malgrado.
– Sì, il marito ha impegni lavorativi inderogabili in quei giorni.
– Bene, così potrò gestire la giornata nel migliore dei modi e dirle addio prima di andare via, senza correre il rischio di rovinarle la festa.
Dopo aver confessato a Pietro praticamente tutto mi sentivo leggero, come se avessi già detto addio a Veronica. In un certo senso era così, e grazie a questo sfogo trascorsi con grande serenità l’ultimo mese di attesa, senza pensare troppo all’incontro con Veronica. Ora lo aspettavo come si aspetta, o meglio, come si dovrebbe aspettare la morte, con pacifica rassegnazione. Sì, ero perfettamente tranquillo e la fine dell’estate, il momento più dolce dell’anno per me, favoriva la calma.
Nelle tre, quattro mail di quell’ultimo mese preparai il terreno per la separazione. Scrissi a Veronica che il nostro rapporto prima o poi avrebbe dovuto interrompersi, inevitabilmente, che nella vita di un uomo le persone sono come oggetti che si perdono e via di questo passo. Veronica ne era consapevole, sapeva che un giorno o l’altro avrebbe dovuto separarsi da me, sebbene suo malgrado, e in una mail si definì persino una semplice parentesi come tante. Mi arrabbiai e le risposi che, nonostante la rottura, sarebbe rimasta per sempre dentro di me, una parte di me non meno necessaria di un organo vitale. Inoltre per la prima volta mi permisi di accennare al nostro incontro imminente, confessandole che la possibilità di poterla vedere, di poter parlare con lei, finalmente, mi riempiva di gioia. Veronica rispose che, sebbene non me ne avesse mai parlato prima, in queste settimane aveva pensato spessissimo al nostro incontro, con entusiasmo, ansia e paura. Leggendo queste sue parole provai una profonda e intima soddisfazione, che, invece di farmi cambiare idea, legittimò definitivamente la mia decisione di rendere memorabile quella giornata, dicendo addio per sempre alla mia donna ideale.

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Informazioni su Simone Germini

Classe 1989, dopo il diploma di liceo scientifico mi iscrivo alla facoltà di Lettere presso l'Università degli Studi di Roma La Sapienza, dove mi laureo nel luglio del 2015 con la tesi «Figlie della crisi. I personaggi femminili di Heinrich von Kleist», pubblicata sulla rivista «Le rotte - Il porto di Toledo». Sempre presso lo stesso ateneo, nel settembre del 2017, conseguo la laurea magistrale in Filologia Moderna, con la tesi «Con le parole guerra alle parole. Linguaggio e scrittura in Carlo Michelstaedter». Dal 2012 al 2018 sono stato caporedattore del blog «Freemaninrealworld». Insieme con Lorenzo Pica, Raffaele Rogaia e Marco Zindato ho fondato il sito iMalpensanti.it. Sul blog «Bazzecole» i maldestri tentativi di scrittura creativa. Per info e contatti simonegermini@yahoo.com.

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