Gli sconfitti – La busta

«Qualche giorno fa, mentre passeggiavo sul lungomare, ho trovato a terra, sul marciapiede, proprio vicino alla giostra, questa busta».
«E l’hai raccolta».
«Sì, l’ho raccolta. Così… per curiosità. L’ho infilata nel cappotto senza farmi notare, del resto, c’era pochissima gente a quell’ora in giro, mi sono precipitato a casa e l’ho aperta».
«Come mai una semplice busta ti ha incuriosito tanto?».
«Non lo so. Appena l’ho vista lì, per terra, ho provato una sensazione strana e un irrefrenabile desiderio di leggere quello che conteneva. Non prendermi per pazzo, ma quando l’ho vista mi ha ricordato un cuore».
«Un cuore? Ma che cavolo… Ah, ho capito. Avevi bevuto».
«No, no, macché bevuto, era mattina, figurati».
«D’accordo, ma una busta che sembra un cuore… È assurdo, dai».
«Lo so, lo so che è assurdo, anch’io ne fui sorpreso lì per lì, ma non potei proprio fare a meno di raccoglierla, portarla con me, aprirla e leggerne il contenuto».
«E cosa contiene?».
«Delle lettere, dei pensieri».
«Che genere di lettere? Che genere di pensieri?».
«Lettere e pensieri d’amore. Ed è tutto scritto a mano. Tieni, leggi tu stesso».
«Non credevo che esistessero ancora oggi delle persone capaci di scrivere delle lettere d’amore, e per di più a mano».
«Neanche io lo credevo. Oggi è tutto così… tutto così meccanico e tiepido».
«Tutto così indelicato, a tratti brutale».
«Esattamente. Ma in quelle parole, che ora stringi tra le mani, c’è tanta delicatezza. Sembrano provenire da un’altra epoca, un’epoca lontana, perduta. Ed è come se al primo sguardo avessi capito tutto questo. Per questo motivo quella busta mi sembrò un cuore».
«Sei riuscito a incuriosirmi abbastanza. Conosci l’autore, oppure l’amata alla quale queste parole sono indirizzate?».
«No, non c’è che un nome, il nome della donna».
«Un indirizzo?».
«No. È evidente che l’autore le ha consegnate di persona all’amata».
«Come fai a esserne tanto certo? E come diavolo avrebbero fatto a finire sul marciapiede?».
«Mi sono fatto un’idea in questo senso. Ma ora leggi, leggi. È una lettura poco impegnativa, ma che, secondo me, merita. E se per te dovesse essere troppo sentimentale, troppo romantica, almeno ti strapperà un sorriso. In ogni caso, ne vale la pena, fidati».
«D’accordo, mi fido, leggo, leggo. Ci tieni così tanto, che sembra quasi che le abbia scritte tu queste lettere».
«No. Non metterti strane idee in testa. Magari fossi in grado di scrivere parole del genere. Purtroppo appartengo ad altro».

[…]

«Allora, cosa ne pensi?».
«Ti confesso che queste lettere mi hanno strappato più di un sorriso. Sono così… così smielate, da far venire il diabete».
«Beh, è evidente che sono state scritte da un uomo innamoratissimo».
«Già, chissà se anche lei, in fondo…».
«No. La donna ha avuto solo compassione».
«Dici, eh?».
«Sì. In quelle parole c’è così tanta amarezza, così tanta autocommiserazione».
«Troppa autocommiserazione. Decisamente troppa.».
«Sì, forse. Ma c’è anche mestizia. Insomma, tutto questo mi induce a pensare che l’amore di cui si parla fosse del tutto a senso unico, affatto corrisposto».
«In effetti…».
«E poi quel Commiato grida a squarciagola quanto quell’uomo, quanto quell’innamorato deve aver sofferto».
«Sì».
«Ma c’è un elemento, in particolare, che mi induce a pensare che qui si tratti di un clamoroso fallimento, di una totale disfatta amorosa».
«Quale?».
«Non so se lo hai notato, ma in qualche passo l’autore dice di essere un aspirante scrittore, addirittura, un aspirante poeta».
«Sì, l’ho notato e, sinceramente, solamente un aspirante scrittore, o peggio, un aspirante poeta, anche piuttosto compiaciuto di sé, poteva concepire simili parole».
«Esatto. Dunque, un aspirante scrittore, non perderebbe mai e poi mai la sua produzione».
«Ti riferisci al fatto che hai ritrovato la busta contenente le lettere per strada?».
«Sì».
«Beh, magari non era soddisfatto di quello che aveva scritto e ha buttato tutto».
«Lo escludo categoricamente. Uno scrittore, e l’aspirante scrittore, anche solo se aspirante, si sente in tutto e per tutto uno scrittore, pensa e agisce come uno scrittore, è talmente geloso delle sue creazioni, di qualunque genere esse siano, che, anche se non gli piacessero, non le abbandonerebbe mai così, per strada, correndo il rischio che qualcuno possa raccoglierle e abusarne. Le distruggerebbe, sì, ma non le abbandonerebbe. E neppure le perderebbe, mai, come una madre non può perdere i suoi figli».
«Come sai tutte queste cose? Forse tu…».
«Un tempo, lontano… Ma non ne vale la pena di parlarne. Riprendiamo il discorso».
«Dunque, stando a quanto dici tu, sarebbe stata lei…».
«Sì. O le ha gettate, o le ha perdute. In ogni caso, ha dimostrato che non gliene importava molto».
«Giusto».
«Provo una grande compassione per questo povero amante».
«Eh, come sei sensibile…».
«Pensa al suo dolore per l’amore non corrisposto e prova a immaginare se venisse a sapere che le sue parole sono andate perdute».
«Ah, ah, ah! Se la caverà, tranquillo. E poi, avrebbe anche potuto inventarsi tutto solamente per sedurla, la cara e bellissima Erica…».
«Come sei cinico! Sei solo un freddo calcolatore…».
«Ti stai scaldando davvero troppo. Così non fai altro che alimentare i miei sospetti…».
«Quali sospetti?».
«Sei stato tu, tu a scrivere queste lettere così dolci… Così dolci da far venire il voltastomaco. Del resto, l’iniziale dell’autore coincide… Hai montato questa storiella, il casuale ritrovamento e tutto il resto, per farmi leggere le lettere e avere un parere. Eh, eh, eh…».
«Sai cosa ti dico? Vorrei che fosse come dici tu. Guardami bene e ascoltami. Non sono più capace di innamorarmi di una donna con una tale intensità. Non parliamo poi dell’impossibilità di scrivere simili parole. Non ne sono mai stato capace, mai…».
«Calmati, calmati, stavo scherzando… Non volevo offenderti».
«Bene».
«Cosa intendi farne di queste lettere?».
«Mi piacerebbe restituirle al legittimo proprietario».
«E gettarlo così nello sconforto?».
«Perché?».
«Come perché? Dalle ultime lettere mi sembra chiaro che i due non si rivedranno mai più».
«E allora?».
«Meglio lasciare l’innamorato nella sua illusione, nella sua menzogna. Egli crede certamente che lei possegga le lettere. Soffrirebbe troppo sapendo che l’amata le ha perdute, o peggio, buttate. L’hai detto tu stesso».
«Hai ragione».
«Custodiscile tu almeno per qualche mese, poi, quando il suo grande amore avrà perso vigore, prova a rintracciarlo e restituiscigli le lettere. E poi…».
«E poi?».
«Ieri ho conosciuto una creaturina… Si chiama Ada. Ha degli occhioni neri davvero splendidi, e una folta chioma bruna così intrigante. Potrei trarre ispirazione da queste lettere per…».
«Ah, maiale!».
«Ah, ah, ah! Temi che farà la fine di Pavese?».
«Solo perché all’amata ha dedicato la meravigliosa poesia Verrà la morte e avrà i tuoi occhi [1], non significa che debba per forza fare la fine di Pavese. No, è impossibile. Deve provare a diventare uno scrittore e non si lascerà di certo uccidere da un amore andato a male. Ha ancora molto tempo davanti a sé…».

NOTE

[1]

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi –
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.

Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.

Cesare Pavese, Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, 1951.

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Informazioni su Simone Germini

Classe 1989, dopo il diploma di liceo scientifico mi iscrivo alla facoltà di Lettere presso l'Università degli Studi di Roma La Sapienza, dove mi laureo nel luglio del 2015 con la tesi «Figlie della crisi. I personaggi femminili di Heinrich von Kleist», pubblicata sulla rivista «Le rotte - Il porto di Toledo». Sempre presso lo stesso ateneo, nel settembre del 2017, conseguo la laurea magistrale in Filologia Moderna, con la tesi «Con le parole guerra alle parole. Linguaggio e scrittura in Carlo Michelstaedter». Dal 2012 al 2018 sono stato caporedattore del blog «Freemaninrealworld». Insieme con Lorenzo Pica, Raffaele Rogaia e Marco Zindato ho fondato il sito iMalpensanti.it. Sul blog «Bazzecole» i maldestri tentativi di scrittura creativa. Per info e contatti simonegermini@yahoo.com.

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