Operette tumorali – Dialogo di Pigmalione e di Galatea

Seduto su uno sgabello di legno intarsiato, raffigurante la Amazzonomachia, Pigmalione osserva dall’unica, ma ampia finestra della sua polverosa bottega, il tramonto. Dopo un’intera giornata passata a scolpire, le mani callose gli dolgono. Finalmente inoperose, le tiene in grembo. Osserva il tramonto Pigmalione, il momento del giorno che preferisce, e pensa alla suprema bellezza del silenzio, a lui sconosciuta. Anche quando non lavora infatti, e persino quando dorme, il colpo sordo dello scalpello sul marmo gli rimbomba nel cervello. Pigmalione si domanda se riuscirà mai a liberarsi di quel rumore fastidioso, monotono, continuo. Alla domanda segue la risposta: sì, mi libererò un giorno di questo insopportabile battito, ma solo dopo la morte. Ah, che disdetta!
All’improvviso risuona squillante una voce femminile. È Galatea, la moglie di Pigmalione.

GALATEA Tesoruccio! Tesoruccio! Sei in bottega?
PIGMALIONE Eccola… Ah… è finita la pace.
GALATEA Tesoruccio! Tesoruccio! Che fine hai fatto?
PIGMALIONE Sono in bottega! Per tutti gli dei…

Galatea entra in bottega. In mano ha due enormi buste, torna infatti da un pomeriggio di shopping sfrenato in compagnia delle amiche.

PIGMALIONE Vedo che abbiamo fatto compere.
GALATEA Te l’avevo detto che mi servivano delle stoffe nuove, no?
PIGMALIONE No, non me l’avevi detto. Del resto, non mi dici mai niente.
GALATEA Su, non fare il permaloso, che sarà mai. Piuttosto smettila di guardare fuori, che non c’è niente, e ammira invece queste bellezze.

Galatea tira fuori dalle buste le stoffe e le mostra trionfante al marito.

GALATEA Guarda qua. Con questa nera e con questa rossa voglio farmi fare due abiti nuovi, mentre con questa blu arabescata d’oro voglio far rifoderare il divano. Che ne dici?
PIGMALIONE Dico che devi aver speso una fortuna.
GALATEA Per tutti gli dei, Pigmalione! Non puoi pensare sempre ai soldi, dai.
PIGMALIONE Io sto sempre a pensare ai soldi, eh? Perché tu invece…
GALATEA Ma smettila, brontolone che non sei altro. Con una tua sola statua potrei comprare chilometri di questa stoffa di prima qualità.
PIGMALIONE Ah… ecco a cosa si è ridotta la mia arte…
GALATEA Ah, ah, ah! Spiritosone! Se non lo spendo io, peraltro per generi di prima necessità…
PIGMALIONE Generi di prima necessità? Generi di prima necessità? Non mi sembra che tu oggi abbia comprato il pane e il latte.
GALATEA Ma che dici? Gli abiti non sono forse generi di prima necessità tanto quanto il pane e il latte? Vorresti forse che andassimo in giro nudi? Comunque, dicevo, se non li spendessi io, io, che sono tua moglie e non una donnetta qualunque, che ci faresti con tutti questi soldi? Eh? Te li porteresti con te nella tomba? Guarda che una volta morto non puoi usarli più. Chissà su quali luride manacce andrebbero a finire.
PIGMALIONE Quante volte te lo devo dire che prima di conoscerti non vendevo la mia arte?
GALATEA Ah, ah, ah! Lui non vendeva la sua arte! Ma a chi vuoi darla a bere? E come campavi, sentiamo, caro il mio artista? La gloria mica sfama. La gloria è la cosa più straordinaria e al tempo stesso effimera che esista. Questo la rende anche la più sciocca.
PIGMALIONE Ma che ne sai tu? Eh? Che ne sai? Pensi solo ai vestiti, al parrucchiere, alla palestra… Cose serie queste! Serissime!
GALATEA Povero il mio artista… È arrabbiato perché oggi le sono mancata tanto tanto… Vieni qui, tesoruccio.

Galatea abbraccia Pigmalione e lo ricopre di baci, ma non con l’ardore dell’amante, bensì con l’affetto della figlia. Ciò basta però a rabbonire Pigmalione.

PIGMALIONE Scusami, sono stato troppo duro con te. Su, andiamo a cena.
GALATEA Ehm… tesoruccio… in realtà…
PIGMALIONE In realtà?
GALATEA Sono passata a casa solo per posare le stoffe, vado a cena con le mie amiche, e, tra l’altro, sono in ritardissimissimo. Devo scappare. In cucina trovi il minestrone del pranzo, è un peccato buttarlo, no? Devi solo riscaldarlo. Ciao, tesoruccio, a domani.

Galatea lascia le stoffe nella bottega e fugge via. Oramai è calata del tutto la sera. Pigmalione, affranto, volge lo sguardo alla finestra, ma non riesce più a distinguere niente. Tutto è nero. Allora si alza. Maledice a voce alta – lo sguardo rivolto al soffitto – il giorno in cui benevola Afrodite ha accolto le sue preghiere, donando la vita a Galatea, e si avvicina con passo pesante, strascicato, come se al piede portasse una di quelle palle che portano i carcerati, a un blocco di marmo sul quale ha iniziato a lavorare da pochi giorni. Per qualche secondo si limita ad osservarlo, come estasiato, poi, preda di un irrefrenabile impeto amoroso, lo abbraccia e inizia a baciarlo con foga. Tra un bacio e l’altro, a quella figura femminile appena abbozzata, giura, sussurrando, che non pregherà mai nessun dio di renderla carne e sangue.

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Informazioni su Simone Germini

Classe 1989, dopo il diploma di liceo scientifico mi iscrivo alla facoltà di Lettere presso l'Università degli Studi di Roma La Sapienza, dove mi laureo nel luglio del 2015 con la tesi «Figlie della crisi. I personaggi femminili di Heinrich von Kleist», pubblicata sulla rivista «Le rotte - Il porto di Toledo». Sempre presso lo stesso ateneo, nel settembre del 2017, conseguo la laurea magistrale in Filologia Moderna, con la tesi «Con le parole guerra alle parole. Linguaggio e scrittura in Carlo Michelstaedter». Dal 2012 al 2018 sono stato caporedattore del blog «Freemaninrealworld». Insieme con Lorenzo Pica, Raffaele Rogaia e Marco Zindato ho fondato il sito iMalpensanti.it. Sul blog «Bazzecole» i maldestri tentativi di scrittura creativa. Per info e contatti simonegermini@yahoo.com.

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