I taccuini di Tarrou – 429

L’amore mi avrebbe guarito da me stesso, dalla mia natura estrema, perennemente tesa tra il tutto e il niente. L’amore mi avrebbe snaturato, ed io per amore mi sarei lasciato felicemente snaturare. Con gioia avrei smussato gli angoli spigolosi del mio carattere, avrei rivisto il mio pensiero, rendendolo meno cupo e violento, avrei accettato le sfumature e magari persino dei compromessi, che alla luce miracolosa e benefica, rigenerante dell’amore non mi sarebbero apparsi neppure tali. Avrei tradito me stesso, e che importanza ha? Come scrive Nietzsche, tutto ciò che si fa per amore è al di là del bene e del male.

Rinnovata e illuminata dall’amore la mia esistenza avrebbe persino acquisito un significato. Non in senso assoluto, perché non c’è nulla che possa cambiare la sostanza delle cose, nulla che possa sovvertire il nostro tragico e insensato destino, ma, di nuovo, che importanza ha? L’amore è sempre stato per me ciò che Dio fu per Tolstoj: colui senza il quale non si può vivere. Senza amore la vita è soltanto una lunga, dolorosa, disperante, torturante attesa della morte. Nient’altro.

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