L’estate è polvere, afa, siccità e fuoco. L’estate è un inferno e la primavera il suo dannato preludio (anche se quest’anno, 2022, siamo passati senza intermezzi dall’inverno all’estate). L’estate è sudore, sonni brevi, interrotti, intermittenti, nient’affatto riposanti, è respiro corto, affannoso, è putredine della terra agonizzante e lacerata. L’estate è sofferenza e disperazione, è fatica triplicata, è stanchezza cronica, è morte della vegetazione assetata e distrutta dagli incendi, è vento caldo che alimenta le fiamme godendo della devastazione diffusa.
Ora capisco perché detesto tanto l’estate: perché nell’estate rivedo me stesso, le mie estreme condizioni interiori. D’estate vedo la mia immagine riflessa ovunque il mio sguardo si posi ed è una tortura crudele. Per mesi e mesi vivo – resisto – in una prigione immensa, che si staglia ovunque intorno a me e mi schiaccia, mi soffoca, privandomi per troppo tempo dell’unico conforto che mi resta: la pioggia.
Odio l’estate tanto quanto odio me stesso. Vorrei scappare, ma da se stessi si scappa soltanto con la morte.