Gli sguardi di Carlo, nei suoi Autoritratti, sono severi e tormentosi come accuse per colui che si riconosce nel suo pensiero, nella sua storia, nella sua persona e, nonostante ciò, è ancora in vita. Al termine della lettura della biografia di Carlo un pensiero vigliacco, lo confesso, mi ha attraversato la mente: egli, come Cristo, è morto per tutti noi, ci ha liberato dal peso della morte (un po’ come Werther libera Goethe). Ma non è così che funziona, no, non è così: ognuno deve vivere la propria morte; non c’è nessuno che ci abbia mai liberato da questo fardello, che sia morto al posto nostro. L’uomo, ogni uomo deve avere il coraggio di sostenere la propria fine, di viverla, primo e ultimo, solo e abbandonato nel deserto dell’esistenza.