I taccuini di Tarrou – 313

Breve elogio di Dostoevskij

A differenza di molti suoi colleghi benestanti, Turgenev e Tolstoj su tutti, Dostoevskij, eccetto il primo romanzo, Povera gente, non ha mai potuto scrivere con calma, seguendo un piano, correggendo, rielaborando, perfezionando, ricercando una forma artistica ideale. Oppresso dai debiti, la maggior parte dei quali neppure suoi, ma del fratello Michail, Dostoevskij scrive per sopravvivere, per sfamare se stesso e la propria famiglia, la moglie Anna, i figli. Quando la famiglia Dostoevskij rientra in Russia dopo quattro anni passati all’estero i debiti ammontano a venticinquemila rubli: una cifra immensa. Dostoevskij e Anna vivono alla giornata, impegnando quotidianamente oggetti di valore in attesa del denaro delle riviste. Dostoevskij ha sempre creato in condizioni estreme, incalzato dalla miseria, dalla fame, e questo aspetto incrementa ancora di più la sua grandezza. Molti critici del tempo, abituati alle opere formalmente perfette di Turgenev e Tolstoj, lo accusano di essere troppo complicato, confusionario, caotico, grossolano. Giudizi legati a una visione estetica della letteratura che, anche grazie a Dostoevskij, è stata superata da tempo. Dostoevskij scrive freneticamente, talvolta in modo quasi nevrotico, incalzato dalle scadenze, e questa tensione febbrile e continua, questa continua corsa contro il tempo si riflette nelle sue opere, nei suoi personaggi, contribuendo in modo determinante alla loro grandezza.

Dostoevskij scrive come se dovesse morire da un istante all’altro, dunque come se dovesse sforzarsi di dire tutto prima di scomparire. Dostoevskij scrive come ogni scrittore dovrebbe scrivere, dando tutto se stesso, investendo ogni singola energia del proprio essere.

C’è un’intensità, un fuoco nei libri di Dostoevskij, che non trovo in nessun altro scrittore. Perché nessun altro scrittore è grande tanto quanto Dostoevskij. Nelle sue opere c’è davvero l’uomo, il mistero uomo, come lo definiva da ragazzo, con tutte le sue contraddizioni e le sue lacerazioni, e c’è davvero il ritmo frenetico, nevrotico della vita.

L’ultima fotografia di Dostoevskij, scattata da Panov nel 1880, a Mosca, sei mesi prima della sua morte

Insomma, sono abbastanza certo che, contrariamente a quanto pensassero i critici russi dell’epoca e persino lui stesso, le condizioni estreme, i debiti e la miseria incalzante abbiano valorizzato ancora di più le opere di Dostoevskij ed esaltato il suo immenso talento, il suo immenso genio. In Dostoevskij tutto è lotta, a livello pratico, per la sopravvivenza, e a livello filosofico-spirituale, per il bene, la bellezza e l’amore, per Cristo. Una lotta senza fine nella quale si riconoscono tutti coloro i quali combattono per affermare se stessi, rifiutando compromessi, mezze misure, sfumature. Tutti gli estremi, insomma.

I taccuini di Tarrou. Un altro anno di resistenza , , , , , , ,

Informazioni su Simone Germini

Classe 1989, dopo il diploma di liceo scientifico mi iscrivo alla facoltà di Lettere presso l'Università degli Studi di Roma La Sapienza, dove mi laureo nel luglio del 2015 con la tesi «Figlie della crisi. I personaggi femminili di Heinrich von Kleist», pubblicata sulla rivista «Le rotte - Il porto di Toledo». Sempre presso lo stesso ateneo, nel settembre del 2017, conseguo la laurea magistrale in Filologia Moderna, con la tesi «Con le parole guerra alle parole. Linguaggio e scrittura in Carlo Michelstaedter». Dal 2012 al 2018 sono stato caporedattore del blog «Freemaninrealworld». Insieme con Lorenzo Pica, Raffaele Rogaia e Marco Zindato ho fondato il sito iMalpensanti.it. Sul blog «Bazzecole» i maldestri tentativi di scrittura creativa. Per info e contatti simonegermini@yahoo.com.

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