OPERETTE TUMORALI
Dimandato a che nascano gli uomini, rispose per ischerzo: a conoscere quanto sia più spediente il non esser nato.
Giacomo Leopardi, Detti memorabili di Filippo Ottonieri.
PREFAZIONE
Del Magnifico Rettore dell’Università della Kakania il Barone Otto-Hans von Nichtsreich
Quando l’autore del presente libello sottopose alla mia attenzione queste operette, gli domandai subito, senza perdere tempo (la zuppa di crauti era in tavola e fumava ogni secondo di meno), quale scopo si fosse prefissato scrivendole. «Nessuno», rispose, con la sua consueta indifferenza di cadavere. Ebbene, quella risposta mi piacque, e molto, a tal punto che mi proposi come prefatore. L’autore accettò. Così, eccomi qui.
Dovete sapere che io scrivo solo in determinate condizioni: di sera, prima di coricarmi, accompagnato da un bicchiere di grappa e da una sigaretta. Prima di coricarmi, perché la scrittura mi svuota così completamente d’energie, che dopo devo per forza dormire almeno, e sottolineo almeno, sette ore. In compagnia della grappa e del tabacco, perché annebbiano la mente quel tanto che basta per non scrivere banalità.
In queste settimane, nei ritagli di tempo, sono riuscito a leggere tre o quattro (non ricordo esattamente quante, né quali) di queste operette. Devo dire che mi hanno fatto una discreta impressione. In esse ho trovato quei valori secolari, fuori del tempo, sui quali si fonda la nostra illustre Università, il nostro glorioso paese e – perdonate l’autoreferenzialità – la mia nobile casata. In esse l’autore ricorda praticamente in ogni riga di averle scritte senza alcuno scopo, e quasi, aggiungo, obtorto collo. Inoltre esse sono una preziosa testimonianza di quella morte della letteratura italiana che lo stesso autore proclama da anni e alla quale, qualche mese fa, ha dedicato, proprio nella nostra Università, un’interessantissima conferenza (che sia stata interessantissima me l’hanno assicurato tutti e due i presenti, io purtroppo non ho potuto parteciparvi per un’improvvisa indisposizione di stomaco).
Potrei scrivere ancora molto, o forse no, non lo so, ma so che in queste occasioni – così mi hanno detto – è richiesta una certa asciuttezza, per non privare il lettore del piacere della scoperta (nel caso del presente libello sarebbe meglio parlare di non-scoperta, poiché le idee che contiene non costituiscono certo delle novità, anzi, sono ripetute di fatto dall’inizio del mondo), e pertanto mi fermo qui. Aggiungo solamente una cosa. Del successo di queste operette in Kakania non dubito. Ciò che accadrà negli altri paesi, e in particolar modo nel paese d’origine dell’autore, lo ignoro, e francamente neppure mi interessa, nonostante la stima profonda che nutro nei confronti di chi le ha scritte (senza scopo).
Buona notte.
bar. Otto-Hans von Nichtsreich