Operette tumorali – Passione

I. DIALOGO DI CRISTO E DI GIUDA

Il sole, lentamente, svanisce oltre l’orizzonte. Gerusalemme tira un profondo sospiro di sollievo dopo l’ennesimo giorno di caldo asfissiante. L’aria non si rinfresca subito, ma è già una grande consolazione sapere il sole lontano.
Sulla sommità di un colle brullo, riarso, fuori le mura della città, stanno Cristo e Giuda. Il primo seduto su di una pietra, con le mani giunte, il busto piegato in avanti, il secondo in piedi, passeggia nervosamente. Tutt’intorno risuona il canto effimero delle cicale.

CRISTO Giuda, cos’è che ti turba?
GIUDA Niente, Maestro, niente.
CRISTO Sai che a me puoi dire tutto, senza dover temere giudizi.
GIUDA Lo so, Maestro, lo so.
CRISTO E allora di’, forza. Non posso vederti in questo stato.

Giuda cammina avanti e indietro, si tormenta le mani, dalle dita si stacca brandelli di pelle e subito il sangue gli contorna le unghie.

GIUDA Maestro, io… devo sapere.
CRISTO Cosa?
GIUDA Devo sapere qual è la tua ultima parola. Sì o no?
CRISTO Giuda… Ah, mio caro Giuda… lo sai che non posso.
GIUDA Ma perché? Perché?

Giuda grida, fermo davanti a Cristo grida, e il suo volto abbronzato, ricoperto dalla barba incolta, è stravolto dalla disperazione.

CRISTO Sai bene perché, ne abbiamo parlato tante volte.
GIUDA Io non ti capisco.
CRISTO Non pretendo che tu mi capisca.
GIUDA Non è possibile… Non ti importa proprio niente del tuo popolo?
CRISTO Sai bene che mi importa del mio popolo, eccome se mi importa.
GIUDA E allora perché non accetti il ruolo che ti offro?
CRISTO Perché tu ti occupi di una cosa, io di un’altra. A te interessa la politica, a me l’anima.
GIUDA Ma le due cose coincidono! Coincidono perfettamente!
CRISTO No, Giuda, politica e anima non sono compatibili, si escludono a vicenda.

Giuda prova un’ultima volta. Si inginocchia ai piedi di Cristo e gli afferra le mani.

GIUDA Maestro! Mio Maestro… Tu sei la guida di cui abbiamo bisogno, la guida che aspettavamo da tempo e alla testa della quale possiamo finalmente liberarci dal giogo romano. Sì, grazie a te, Maestro, grazie alla tua capacità innata di entrare nel cuore della gente, possiamo ottenere la libertà della nostra terra martoriata, da troppi, troppi anni schiava di un impero ingiusto. Insieme, fianco a fianco, mano nella mano, potremo gridare un giorno che la Palestina è libera! Ah, Maestro… il nostro destino è nelle tue mani, in queste tue mani, che ora stringo con l’ardore dell’innamorato. Quando… quando ti ho visto entrare a Gerusalemme acclamato da tutta quella folla, piena di bambini festanti, per la prima volta nella mia vita ho avuto la certezza che tutti questi anni di pericolosa resistenza, di clandestina opposizione non sono stati vani. In quel momento meraviglioso ho visto realizzarsi una parte importante di quel sogno di libertà, di indipendenza al quale ho consacrato la mia intera esistenza. Maestro, spezza le catene che ci tengono prigionieri! Tu… tu solo puoi far sì che gli sforzi di centinaia e centinaia di uomini appassionati come colui che in questo istante ti prega, in ginocchio, non restino solamente i frutti sterili di una sciocca utopia. Guidaci, Maestro!
CRISTO Mio caro Giuda, inguaribile idealista, lo sai… io non posso accettare la tua proposta. Non è questo il mio compito su questa povera terra. Dio mi ha donato la vita per un altro scopo.
GIUDA Maestro, io ti prego…
CRISTO Non è un uomo che devi pregare, Giuda. Ciò che tu fai, quel sogno di libertà e indipendenza al quale hai consacrato tutta la tua vita, è giusto e nobile, ed io sono con te, con voi, ma solo spiritualmente. Credimi, più di una volta in questi anni ho avuto la tentazione di accettare la tua offerta, te lo confesso, ma la mia missione è un’altra. Potremmo illuderci che le nostre vocazioni coincidano, ma significherebbe tradire Colui che ci ha generato, e non possiamo commettere un tale abominio, un tale patricidio.
GIUDA Maestro… le tue parole mi devastano. Senza di te non abbiamo speranza.

Giuda scioglie tutta la tensione accumulata nel corso di quelle ore decisive, per sé ed il suo Maestro, in un pianto dirompente. Nasconde il volto sfigurato dal dolore tra le pieghe dell’impolverata veste di Cristo, il quale, impietosito, accarezza i capelli del discepolo.
Il pianto di Giuda dura diversi minuti, poi, quando le sorgenti delle sue lacrime sono del tutto prosciugate, stacca il volto dalla veste del Maestro, e sembra trasfigurato. Nei suoi occhi non c’è più disperazione, non c’è più dolore, ma una sinistra determinazione. Su di essi sembra essersi posata un’ombra, un’ombra tenebrosa, maligna.

GIUDA Dunque il tuo rifiuto è definitivo?
CRISTO Sì.
GIUDA Bene, agirò di conseguenza.
CRISTO Quanto ti hanno offerto per la mia vita?
GIUDA Trenta denari.
CRISTO Immagino che ora accetterai.
GIUDA Sì, accetterò.
CRISTO Credi davvero che la vita di un uomo valga così poco? Ho predicato al vento in tutti questi anni?

Cristo non rimprovera il discepolo. La sua voce tradisce piuttosto una profonda amarezza. Giuda, incalzato da quegli interrogativi, che lo trafiggono come lame, cambia atteggiamento, si addolcisce.

GIUDA No, Maestro, non hai predicato al vento. So benissimo che la vita di un uomo, persino quella del centurione romano, vale molto, molto di più. La tua poi, non ha prezzo. Ma la causa richiede denaro… ne abbiamo sempre un disperato bisogno.
CRISTO Certo, immagino. Da questa mattina, dal momento in cui ho messo i piedi fuori dal letto mi trascino dietro una certa sensazione… una sensazione strana, che sa di morte.
GIUDA Maestro, prega Dio per me… affinché mi perdoni.
CRISTO Quando è la vittima stessa a perdonare il carnefice non c’è bisogno dell’intervento di Dio. Dimmi, piuttosto, come potrai convivere con un tale rimorso. Nessun uomo, gravato da un peso del genere, è capace di resistere troppo a lungo.
GIUDA Credo che anch’io, come te, non vedrò il sole sorgere due volte.
CRISTO E nonostante questo intendi andare avanti?
GIUDA La Rivoluzione a volte richiede sacrifici enormi.
CRISTO Già… la rivoluzione…

Giuda si getta tra le braccia di Cristo e ricomincia a singhiozzare. Le sorgenti delle sue lacrime traboccano di nuovo.

GIUDA Maestro… mio caro, amato Maestro… ti prego, perdonami…
CRISTO Sta’ tranquillo, Giuda, te l’ho detto, ti ho già perdonato. Non devi avere dubbi su questo.
GIUDA Me lo devi giurare…
CRISTO Te lo giuro.

Cristo afferra con entrambe le mani il capo di Giuda e lo bacia sulla fronte. Giuda allora si alza e scende di corsa giù dal colle, senza voltarsi. Cristo resta seduto sulla pietra. Sente la morte avvolgerlo come un mantello invisibile e rabbrividisce, dalla testa ai piedi. È sera ormai, eppure le cicale non smettono di cantare.

II. DIALOGO DI CRISTO E DI CAIFA

In una vasta sala illuminata da un’imponente Menorah, Cristo e Caifa sono faccia a faccia. Il sommo sacerdote è comodamente seduto su di una sfarzosa poltrona, mentre Cristo è in piedi, incatenato. Non c’è nessun altro oltre loro due.

CAIFA Ho sentito dire che tu saresti capace di distruggere il tempio e ricostruirlo in soli tre giorni.

Caifa parla con un tono di voce altezzoso e si accarezza la lunga barba bianca. Cristo accenna un sorriso, ma a questa prima provocazione decide di non rispondere.

CAIFA Il figlio di Dio non risponde… perché tu sei il figlio di Dio, vero?
CRISTO Lo hai detto tu, non io.
CAIFA Sì, l’ho detto, e a quello che ho detto ci credo. Sì, Cristo, io ti credo.
CRISTO Tu… tu mi credi?

Le parole di Caifa hanno sorpreso Cristo.

CAIFA Sì, e te lo dico un’altra volta: io ti credo. Anche se la tua reazione mi fa sospettare che io ci creda persino più di te.
CRISTO È che… non me l’aspettavo, tutto qua.
CAIFA Perché non te l’aspettavi?
CRISTO Beh, dato che avete messo su tutta questa messinscena.
CAIFA In qualità di sommo sacerdote ho il dovere morale di eliminare fisicamente colui che si dichiara figlio di Dio.
CRISTO È dunque tutta una questione di ruoli.
CAIFA È sempre una questione di ruoli, caro mio, non se ne esce.
CRISTO Se solo l’uomo sapesse mettere da parte le convenzioni, svestire gli abiti che la società gli ha cucito addosso e mostrarsi nudo, per quello che è davvero e non per quello che appare, le cose andrebbero diversamente.
CAIFA La tua è un’utopia. Quello che dici non avverrà mai, perché non può avvenire, sono pronto a scommetterci. Vuoi scommettere?
CRISTO No. Io ho fiducia nell’uomo.
CAIFA Ed è proprio questo il primo e più grande problema di voi idealisti: avere fiducia nell’uomo. Ma quale fiducia… l’uomo è la peggiore delle bestie, la più infida, la più malvagia. Prendi il mio caso. In questo stesso istante ho una tentazione: uscire da questa sala abbracciato a te, mostrarmi ai sacerdoti e al popolo al tuo fianco e proclamarti ufficialmente figlio di Dio. Perché, te l’ho detto e te lo ripeto, io ti credo. Ma non lo farò mai, e sai perché? Perché questo comportamento, questa condotta non mi porterebbe alcun vantaggio. I sacerdoti mi farebbero le scarpe in quattro e quattr’otto e mi crocifiggerebbero insieme a te. D’accordo Dio, d’accordo suo figlio e tutto il resto, ma io ci sto così bene in questa mia vita da sommo sacerdote…
CRISTO Le tua parole mi fanno accapponare la pelle.
CAIFA Che ti serva da lezione, anche se ormai è troppo tardi: mai fidarsi dell’uomo, mai, per nessuna ragione. L’uomo è un lupo per gli altri uomini. Tu avresti potuto fare tutto quello che hai fatto con molta più discrezione. Qualcuno avrebbe storto la bocca, certo, ma non sarebbe mai arrivato a proporre addirittura la tua condanna a morte. Invece sei stato così plateale…
CRISTO La verità è plateale. Non potevo agire diversamente.
CAIFA Sì che potevi. E poi, circondarsi di gente come Giuda…
CRISTO Lascialo stare. Giuda ha agito per il bene di un’idea nobile, alla quale ha consacrato tutto se stesso e persino gli affetti più cari.
CAIFA Un altro sciocco idealista. Voi sognatori non capirete mai… E avete la straordinaria capacità di morirci con le vostre illusioni. Giuda, lo so bene, parla di libertà, di indipendenza, di rivoluzione – che paroloni! -, ma non immagina quanto sia complicato e fastidioso, sì, fastidioso vivere senza catene. La vita da schiavo, o presunto tale, dipende dai punti di vista, è molto più semplice, molto più comoda. Gli affari suoi uno riesce sempre a farseli. Io gli ho parlato, gli ho detto che se continuano così finiranno col divorarsi l’un l’altro – e tu ne sei la dimostrazione -, ma niente, non ha voluto darmi retta. Mi ha voltato le spalle e se ne è andato. Ora, dico io, che senso aveva tradirti? Si sono bruciati così anche l’unica possibilità di vittoria che avevano, seppur minima, sia chiaro. Sono così testardi, così impulsivi. Senza compromessi non si va da nessuna parte. Del resto, in quanto a testardaggine e impulsività tu sei il campione, altrimenti non si sarebbero mai riconosciuti in te.
CRISTO Sei così cinico…
CAIFA Sono semplicemente realista, tutto qua. E non immagini quanto talvolta mi pesi tutto questo realismo… Capita soprattutto quando mi cade lo sguardo sui bambini, sai? Che significa secondo te?
CRISTO Che dentro di te c’è ancora del bene.
CAIFA Uhm…
CRISTO Ti basterebbe poco, Caifa, pochissimo, per essere completamente buono.
CAIFA No, Cristo, no, sono troppo vecchio ormai, sono avvizzito come il tronco di un ulivo bruciato.
CRISTO La bontà non conosce vecchiaia. La bontà non ha età.
CAIFA Mi dispiace, Cristo, davvero, ma non posso più tornare indietro. Quel che è fatto è fatto.
CRISTO Non mi hai ancora condannato a morte.
CAIFA Perché non posso farlo, non è nelle mie facoltà. Per questo ti consegnerò a Pilato.
CRISTO Contrariamente a quanto si dice, Pilato è un uomo giusto.
CAIFA Forse, ma è un politico, e i politici pensano innanzitutto ai loro interessi, non alla giustizia. I politici non conoscono giustizia e tu lo sai. Non è forse anche per questa ragione che hai rifiutato il ruolo offertoti da Giuda?
CRISTO Caifa, fai quello che devi fare, sono stanco…
CAIFA Già… deve essere stata una giornata faticosa. E nelle ultime ore della tua breve vita non ti concedo neppure la consolazione del sonno. Sono così malvagio, vero?

Caifa si alza dalla poltrona e inizia a camminare avanti e indietro per la vasta sala. Cristo, spossato, china il capo. Passano diversi minuti. Poi il sommo sacerdote si avvicina a Cristo e si ferma davanti a lui, a pochi centimetri di distanza.

CAIFA Cristo, devi farmi una promessa.

Cristo rialza la testa.

CRISTO Che genere di promessa?
CAIFA Devi promettermi che in queste ultime ore troverai un momento per pregare per me.
CRISTO Lo stavo già facendo.
CAIFA Giuralo.
CRISTO Te lo giuro.

Caifa tira un profondo sospiro, poi si avvicina alla porta. Prima di aprirla si volta verso il prigioniero.

CAIFA Ricorda quello che ti ho detto all’inizio del nostro colloquio: io ti credo, io credo davvero che tu sia il figlio di Dio.
CRISTO Me lo ricorderò.
CAIFA E ricorda anche… ricorda anche che ho fatto solo il mio dovere.

Caifa afferra la maniglia, apre la porta e inizia a gridare ai sacerdoti che lo attendono fuori, strappandosi le vesti.

III. DIALOGO DI CRISTO E DI PILATO

PILATO Liberatelo! Non è mica una bestia costui! E voi, vecchi gallinacci, via dalla mia casa!

Pilato e Cristo restano soli nello studio del governatore. Fuori albeggia e dall’unica finestra giungono le prime voci. Gerusalemme si risveglia. Cristo si massaggia i polsi tormentati dalle catene. È stanco, come ogni altro uomo che ha passato una notte in bianco contro la propria volontà. Ha un sonno disperato, due occhiaie nere profonde come solchi. In gola ha un rogo.

PILATO Hai fame?
CRISTO Ho sete.
PILATO Lì trovi vino e acqua. Non fare complimenti.

Cristo si avventa sulla caraffa contenente l’acqua e beve con foga. Un rivolo gli scivola dalla bocca perdendosi tra la barba incolta. Dopo qualche secondo questo stesso rivolo riappare sul collo teso, per poi scomparire di nuovo, sotto la veste impolverata. Vuotata la caraffa, Cristo la ripone.

PILATO Stavi proprio morendo di sete.
CRISTO Grazie.
PILATO Ora accomodati.

Cristo fa per sedersi a terra, ma Pilato lo blocca, prendendolo per un braccio, e gli indica una sedia. Cristo si accomoda e prova un’indicibile sensazione di riposo. Sospira, e mentre sospira chiude gli occhi. Pilato resta in piedi, appoggiato alla scrivania.

CRISTO Grazie.
PILATO Smettila di ringraziarmi, è semplice cortesia la mia.
CRISTO La cortesia non è scontata, per questo ti dico grazie.
PILATO Dunque tu sei il re dei Giudei?
CRISTO Se io sia o non sia il re dei Giudei non ha importanza. Sappi però che il mio regno non è di questo mondo. Perché se lo fosse non mi troverei in una situazione del genere.
PILATO Quindi sei re?
CRISTO Tu lo dici. Io sono venuto al mondo per rendere testimonianza alla verità. Solo per questo. Tutto il resto è superfluo.
PILATO E che cos’è la verità?

Il frastuono proveniente dall’esterno aumenta secondo dopo secondo. Pare che si stia radunando una gran folla sotto la casa di Pilato. Il governatore, infastidito dal trambusto, si avvicina alla finestra e la chiude. Nel fare ciò dà un’occhiata fuori.

PILATO C’è tanta gente per te.
CRISTO C’è tanta gente contro di me.
PILATO Beh, per me non hai commesso nessuna colpa. Non ho nessun motivo per condannarti a morte, come vorrebbero quei vecchi gallinacci.
CRISTO Loro la pensano diversamente.
PILATO Ma sono io a decidere chi deve vivere e chi deve morire, non loro.
CRISTO Non essere superbo, Pilato, perché il potere ti è stato conferito dall’alto.
PILATO Dall’alto… È che io questi Giudei non li capirò mai.
CRISTO Sono uomini proprio come te, Pilato. Niente di più e niente di meno.
PILATO Mah…
CRISTO Cosa hai deciso di fare?
PILATO Se dipendesse da me ti libererei subito, all’istante. Ma questa è diventata una faccenda troppo delicata e non posso fare di testa mia. L’equilibrio in questa provincia è fragile, basta poco per distruggerlo e io non posso permetterlo. Devo agire secondo il bene di Roma.
CRISTO Che cos’è Roma?
PILATO Roma è la mia verità.

In questo preciso momento Cristo si accorge della chilometrica ed incolmabile distanza che lo separa da Pilato. Sono entrambi uomini, d’accordo, ma dopo quelle parole del procuratore Cristo, per la prima volta nella sua vita, prende coscienza del fatto che essere uomini non basta per comprendersi quando le culture sono tanto distanti. A questo pensiero Cristo sorride, mestamente.

PILATO Perché sorridi?
CRISTO All’improvviso ho capito perché non riesci a comprendere il mio popolo.
PILATO Nonostante tutto definisci ancora questo popolo tuo?
CRISTO Le radici, purtroppo o per fortuna, non ce le scegliamo. E non possiamo cambiarle. Ma ho interrotto il tuo ragionamento, scusami.

Pilato è sorpreso da tanta cordialità. Aggrotta le sopracciglia, si domanda se quell’uomo sia divino o semplicemente pazzo, ci riflette sopra per qualche secondo, ma non trova una risposta. Riprende allora il discorso sulla sorte di Cristo.

PILATO Lascerò decidere loro, non posso fare altro. Gli offrirò due possibilità: liberare un assassino come Barabba, così spietato da essere capace di sgozzare i suoi stessi benefattori, oppure liberare te, un innocuo e gentile predicatore.
CRISTO Sceglieranno Barabba, senza dubbio.
PILATO Ti odiano a tal punto?
CRISTO Nei miei confronti provano sentimenti contrastanti. Tra questi, sì, c’è anche l’odio, e l’odio finisce sempre per prevalere su tutti gli altri.
PILATO E se invece si trattasse piuttosto di invidia? Se fossero solo invidiosi del fatto che il figlio del vostro dio sia tu e non uno di loro?
CRISTO Ogni uomo è figlio di Dio, Pilato. Anche tu.
PILATO E perché io non lo so? Perché la maggior parte del mondo non lo sa?
CRISTO Un giorno tutti lo sapranno, pure tu.
PILATO Non mi resta molto tempo da vivere, e visto che non è accaduto per secoli e secoli, è inverosimile che possa accadere dall’oggi al domani.
CRISTO La vita non si arresta con la morte. La vita continua, si protrae fino all’eternità.
PILATO D’accordo… Comunque, stando a quanto dici ti giustizieranno tra poche ore.
CRISTO Così sarà.
PILATO Eppure non sembri affatto turbato, non sembri aver paura.
CRISTO Pilato, non immaginavo certo un simile epilogo, ma non posso oppormi a questa fine. Il volere di Dio deve essere questo ed io mi rimetto a Lui.
PILATO Una fede davvero incrollabile… e ti stimo per questo, credimi.
CRISTO Pilato, tu sei un uomo giusto. Sul tuo conto circolano tante voci infondate, tante dicerie.
PILATO È naturale. Forse in nessun’altra provincia noi Romani siamo così malvisti. Sai, qualche tempo fa mi riferirono l’episodio dei tributi. Quella storia mi colpì parecchio. È così difficile trovare tra i Giudei un uomo di buonsenso… Cosa vuoi che faccia per te?
CRISTO Pilato, per favore, prima che tutto abbia fine, lasciami riposare per qualche minuto. Questa notte non mi hanno fatto chiudere occhio.
PILATO Si vede, hai due occhiaie nere… Puoi stenderti sul divano, del resto, non c’è fretta.
CRISTO Ma sento che fuori la folla scalpita.
PILATO Non preoccuparti della folla, ci penserò io a tenerla a bada. Tu ora riposa.

Pilato esce dalla stanza, tormentato da una domanda: come si può desiderare, peraltro con una tale ferocia, la morte di un uomo così inoffensivo e… buono? Cristo invece si sdraia sul divano, rivestito di una pregiata stoffa color porpora ricamata d’oro, e sprofonda all’istante nel sonno.

IV. DIALOGO DI CRISTO E DI MARIA MADDALENA

Nello studio di Pilato s’insinua, in punta di piedi, senza far rumore, una donna bruna. Accende l’incenso, il cui profumo invade presto l’intera stanza. Poi si siede vicino a Cristo, in quel piccolo spazio del divano lasciato libero dall’uomo addormentato. La donna lo osserva e sorride. È un sorriso triste il suo, il sorriso dell’essere umano che veglia un proprio caro sul letto di morte.
Dopo qualche minuto Cristo apre gli occhi, se li strofina con entrambe le mani, vede la donna e si mette a sedere. Gli occhi di lei si inumidiscono, la donna si sforza di trattenere le lacrime e si morde forte le labbra, fin quasi a farle sanguinare. Cristo le afferra una mano.

CRISTO Quindi non stavo sognando. Sei davvero qui, vicino a me, Maria…
MARIA MADDALENA Non potevo non vederti un’ultima volta.
CRISTO Tranquilla, ci rivedremo ancora molte volte. Sei accaldata.
MARRIA MADDALENA Perché ho corso per venire qui. Temevo che fosse troppo tardi.
CRISTO E Pilato ti ha lasciata passare?
MARIA MADDALENA Sì, è un brav’uomo. Non è certo sua la colpa di tutto ciò.
CRISTO No. E inizio ad avere seri dubbi che possa essere di qualcun altro oltre me.
MARIA MADDALENA Non dire così.

Con la mano libera Maria Maddalena accarezza il volto di Cristo. Lui socchiude gli occhi e sospira profondamente.

CRISTO Hai acceso tu l’incenso?
MARIA MADDALENA Sì, non ho resistito. Lo sai, è uno dei profumi che più adoro.
CRISTO Già. Ironia della sorte, ho dovuto attendere l’ultimo giorno della mia vita per dormire su una stoffa tanto pregiata. Io, che sono re…
MARIA MADDALENA Smettila di schernirti, Gesù.
CRISTO Nella mia situazione anche tu faresti lo stesso.
MARIA MADDALENA Non credo di avere una tale forza.
CRISTO Maria, voi donne siete molto, molto più forti di noi uomini. Un uomo non sarebbe mai stato capace di fare quello che hai fatto tu.
MARIA MADDALENA Non ho fatto niente di speciale.

Seguono un paio di minuti di silenzio. Maria Maddalena guarda a terra, il pavimento lucido che riflette la luce del sole alto, e già di nuovo caldo. Cristo invece non distoglie lo sguardo dalla donna, mentre le sue dita giocherellano con quelle di lei.

CRISTO Sei così pensierosa… eppure quello pensieroso dovrei essere io, non tu.
MARIA MADDALENA È successa una cosa questa notte, e non so se dirtela oppure no. Temo di amareggiarti troppo.
CRISTO Maria, non mi hai mai mentito per anni e intendi iniziare a farlo proprio ora?
MARIA MADDALENA No… si tratterebbe però di una menzogna a fin di bene.
CRISTO Di che si tratta?
MARIA MADDALENA Ah… di Pietro.
CRISTO Mi ha rinnegato, vero?
MARIA MADDALENA Tre volte… ma, chi te l’ha detto?
CRISTO Nessuno. Me lo sentivo, e ieri sera gliel’ho pure annunciato.
MARIA MADDALENA Non me lo sarei mai aspettato da lui.
CRISTO Maria, siamo semplici uomini, e come tali siamo deboli.
MARIA MADDALENA Anche nel caso di Giuda si tratta di debolezza?
CRISTO No, nel caso di Giuda si tratta di delusione.
MARIA MADDALENA Dicono che sia impazzito.
CRISTO Non è pazzia, ma rimorso. Proverà a tornare indietro, ma quando gli diranno che ormai è troppo tardi, che tutto è stato deciso, soccomberà. Giuda, come me, non vedrà sorgere un nuovo sole.
MARIA MADDALENA Non provo pietà per lui.
CRISTO E invece dovresti. Lui è migliore di molti di noi.
MARIA MADDALENA Come puoi dire una cosa del genere?
CRISTO Giuda ha consacrato tutta la sua vita ad un’idea nobile. Si è battuto per la mia, per la tua, per la nostra libertà. E morirà con me.
MARIA MADDALENA Talvolta mi domando se tu non sia eccessivamente buono. Persino i tuoi stessi carnefici ti impietosiscono.
CRISTO Devono impietosirmi soprattutto i miei carnefici.
MARIA MADDALENA È meglio cambiare discorso. Vuoi sapere a cosa pensavo mentre correvo qui?
CRISTO Certo.
MARIA MADDALENA Pensavo alla prima volta che ti ho visto. Questa storia non te l’ho mai raccontata.
CRISTO Perché?
MARIA MADDALENA Mi sono sempre vergognata troppo. Ma ora non può esserci spazio per la vergogna. È una domenica mattina. Io non ho più di otto anni. In compagnia di mia madre passo davanti alla bottega di Giuseppe. Tuo padre è dentro, e i suoi colpi di martello risuonano fino in strada. Tu invece giochi fuori, rincorri un cagnolino pezzato, un bastardino. Lo rincorri e ridi, ridi… Lo afferri e ti rotoli a terra con lui. Mi colpisci subito. Mi fermo in mezzo alla strada e inizio a guardarti. Ho una voglia matta di chiamarti, di chiederti se posso unirmi a voi. Non desidero altro, ma non trovo il coraggio di rivolgerti la parola. Così abbasso lo sguardo e riprendo a camminare, con la morte nel cuore.
CRISTO Chissà, forse, se ti avessi conosciuta ch’ero ancora bambino, sarebbero cambiate molte cose.
MARIA MADDALENA No, non sarebbe cambiato niente. Doveva andare così. In ogni caso, ti rivedo quindici anni dopo. È una sera terribile. I tuoni, i lampi ed il vento forte annunciano l’arrivo di un temporale. Io me ne sto sulla strada, scalza, intirizzita, in cerca di un cliente, in cerca di qualche spicciolo per la cena. Non mangio da almeno due giorni, forse anche di più. Sussulto di paura ogni volta che il vento fa sbattere le poche imposte ancora aperte. Vedo un uomo incappucciato avvicinarsi a me. Metto da parte la paura e inizio ad atteggiarmi, spavalda. Questo uomo alto si ferma proprio davanti a me. Si toglie il cappuccio e allora lo riconosco: sei tu. Sento un nodo stringermi la gola… provo una vergogna così forte… che desidero di morire all’istante, di sprofondare sotto terra. Sei tu… quel bambino che ho visto quindici anni prima e che ora è diventato un uomo. E mentre tu sei cresciuto, io sono invecchiata. Nelle condizioni in cui mi trovavo allora, ogni anno che passa ne vale almeno cinque. Voglio scappare, ma non ci riesco. Resto come piantata al suolo. Proprio nel momento in cui tu inizi a parlare, cadono le prime, grosse gocce di pioggia. «Il tuo dolore è il mio dolore. Sappi che non sei sola su questa povera terra», questo dici. Poi ti inginocchi… e aggiungi: «Se ogni donna fosse consapevole della propria grandezza, il mondo sarebbe di certo un posto migliore». Finalmente riesco a fuggire. Passo una notte terribile. Mi dico che non è più possibile continuare a vivere in questo modo, perché per quanto mi sforzo di mantenere intatta e pura la mia anima, sento che giorno dopo giorno anch’essa si disgrega e si sporca come il mio corpo. Penso di uccidermi… Poi però, proprio in prossimità dell’alba, il temporale termina, le nubi si diradano e il nuovo sole – oh, è davvero un sole nuovo per me! – può levarsi indisturbato. Ora so cosa devo fare: devo cercarti, devo trovarti e diventare la tua serva. Girovago per tutto il giorno, tormentata dalla fame, ma niente, di te non c’è traccia. Come impazzita, chiedo di te a chiunque incontro, ma nessuno sa dirmi niente. È come se ti fossi dissolto nell’aria. Inizio a credere che ciò che è accaduto la sera precedente sia stato solo un sogno. Del resto, può esistere davvero un uomo capace anche solo di pensare certe cose? Proprio quando ormai ho perduto ogni speranza di ritrovarti e sto per gettarmi a terra, sfinita, distrutta da tanti chilometri e dalla fame, ecco che ti vedo pregare all’ombra di un ulivo. Il sole tramonta… Mi avvicino a te, piano, come una ladra. Ti prego di portarmi via con te, dovunque tu vada, foss’anche all’inferno, di farmi tua schiava. Tu mi rispondi sorridendo: «Ma quale inferno… io ti porterò in paradiso. Prima però andremo da un calzolaio». Hai notato i miei piedi nudi, ricoperti di fango fino alle caviglie… Oh, Gesù!

Maria Maddalena si lancia incontro a Cristo e lo abbraccia. Lui, il volto immerso nei lunghi capelli bruni di lei, la sente singhiozzare. Restano così per diversi minuti, senza dire niente. Poi Maria Maddalena si stacca e Cristo le asciuga il volto bagnato dalle lacrime.

CRISTO Mamma come sta?
MARIA MADDALENA Soffre da morire. Non piange, ma a vederla sembra il dolore fatto persona.
CRISTO Vorrei tanto che non assistesse alle mie ultime ore.
MARIA MADDALENA Impossibile. Quando sono venuta qui si trovava ancora a casa, ma non escludo che ora si trovi tra la folla.
CRISTO Ah… perché anche lei deve soffrire in questo modo? Lei non ha colpe. Se penso a tutto il dolore che deve ancora patire per causa mia… provo rabbia e odio nei confronti di me stesso. Lei non merita tutto questo.
MARIA MADDALENA Nessuna madre merita di veder morire il proprio figlio, eppure accade spesso.
CRISTO Troppo spesso. Tutta questa dannata mancanza di naturalezza… Sai, prima Pilato mi ha chiesto se io non abbia paura.
MARIA MADDALENA E tu cosa gli hai risposto?
CRISTO Non gli ho risposto.
MARIA MADDALENA E a me risponderesti?
CRISTO Sì, a te rispondere.
MARIA MADDALENA Hai paura?
CRISTO Non immagini quanta… Credimi, nel dire questo provo una vergogna immensa, davvero, ma ciò che più mi spaventa è il dolore fisico. Se penso a tutte le torture che dovrà sopportare tra poco il mio corpo… mi viene voglia di scappare, di rinnegare tutto. Sono così meschino…
MARIA MADDALENA Sei così uomo…
CRISTO Devo togliermi un altro peso.
MARIA MADDALENA Sono qui per questo.

Maria Maddalena afferra entrambe le mani di Cristo e le stringe con forza.

CRISTO Maria, ti prego, non giudicarmi.
MARIA MADDALENA Non dirlo neanche per scherzo. E poi non è me che devi pregare.
CRISTO Io… in queste ultime ore d’angoscia e di terrore, inizio… inizio a domandarmi se in tutta la mia vita non abbia fatto altro che raccontare favole.

Dopo questa confessione, Cristo scaraventa lo sguardo a terra, prova a divincolare le proprie mani dalla presa di Maria Maddalena, ma non ci riesce. Troppo forte le stringe la donna.

MARIA MADDALENA Fermati. È tutto inutile, io non ti lascio. Fermati, fermati. Così… E adesso guardami. Forza, guardami, dritto negli occhi. Bene. Ascoltami attentamente, perché non lo ripeterò due volte: anche se tu avessi raccontato favole, avresti comunque fatto qualcosa di enorme, perché questo povero mondo ha bisogno di favole più di qualunque altra cosa.

Una grossa pietra, scagliata da qualche esagitato tra la folla, frantuma la finestra dello studio di Pilato. Il governatore, allarmato, entra nella stanza e avverte Cristo e Maria Maddalena che non c’è più tempo.

V. SUL GOLGOTA

Mezzogiorno. Il sole, spietato boia, come se non bastassero tre grossi chiodi conficcati nella carne, cuoce a fuoco lento Cristo e i due ladroni. Nei barbecue s’usa meno accortezza. Sul Golgota non c’è più nessuno, ma da un pezzo ormai. Dalla città non proviene un solo rumore, tutti si sono rintanati nelle loro case per sfuggire alla morsa dell’afa. Un unico suono, monotono e continuo, risuona a Gerusalemme e dintorni: il canto delle cicale. I due soldati Romani incaricati di presiedere i crocifissi, si sono rifugiati in una vicina bettola. Di tanto in tanto, tra un sorso di vino e l’altro, gettano sguardi noncuranti ai condannati a morte dalla finestra. Cantano le cicale, cantano… e la loro è una nenia funebre che accompagna il trapasso lento, troppo lento, di Cristo e i due ladroni. I crocifissi, sospesi un metro da terra, sono stati prosciugati dal sole. Sui loro corpi sfatti, ricoperti di polvere, banchettano centinaia e centinaia di mosche, che indugiano, in particolar modo, attorno ai fori dei chiodi piantati nella carne. Gli insetti, affaccendati, rigurgitano il sangue oramai rappreso e sembrano quasi darsi il cambio. Ronzano laboriosi, con ostinazione provano ad insinuarsi nella carne. Scavano con le loro zampette luride, fino a qualche istante prima immerse nello sterco, oppure nel ventre fetido di una carogna sventrata, esplosa.
All’improvviso Cristo ha un sussulto. Pian piano riesce ad alzare il capo chino, abbandonato, e a dirigerlo verso il cielo. Riesce ad aprire un solo occhio, e neppure tutto, e l’iride subito viene trafitta dalla luce del sole. Cristo però resiste, e inizia a muovere le labbra screpolate, tutte spaccate. Sembra che voglia dire qualcosa. Si sforza, racimolando le ultime energie che gli sono rimaste. Il suo respiro è tenue, fragile come cristallo, e sembra che stia per spezzarsi da un momento all’altro. Dopo tanti sforzi inutili, riesce finalmente a sussurrare qualcosa.
«Dio… Dio mio… perché… perché mi hai abbandonato?».
Ma Cristo non si accontenta che quelle sue parole così disperate, così intimamente umane, vengano ascoltate solamente dalle mosche indifferenti che gli ronzano attorno, che lo pungono e lo mangiucchiano.
Chiude gli occhi e china di nuovo il capo. La gola ustionata gli brucia. Sembra proprio che non possa spingersi oltre quel debole sussurro inascoltato. Ma ecco che Cristo solleva di nuovo la testa. Questa volta apre persino entrambi gli occhi. Fissa il cielo per qualche secondo, poi il suo torace si tende e sprigiona un grido spaventoso.
«Dio mio! Dio mio, perché mi hai abbandonato?!».
Il grido riecheggia prepotente per tutto il Golgota e oltre. Ferisce le orecchie dei ladroni, che si risvegliano di colpo. Ferisce le mosche e le cicale, che di colpo tacciono. Ferisce ogni singolo abitante di Gerusalemme, facendolo trasalire. È un grido cosmico, come cosmico è il grido di ogni essere umano abbandonato da colui o da colei che ama. Ferisce Maria Maddalena, Pilato, Caifa e Giuda, che in quello stesso istante, non molto distante dal luogo del supplizio del suo amato Maestro, esala l’ultimo respiro, appeso a un albero e con le viscere che gli penzolano fuori dal ventre squartato, calde e gocciolanti. Sì, quello di Cristo è il grido perfetto, che ferirebbe persino Dio se solo esistesse.

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Informazioni su Simone Germini

Classe 1989, dopo il diploma di liceo scientifico mi iscrivo alla facoltà di Lettere presso l'Università degli Studi di Roma La Sapienza, dove mi laureo nel luglio del 2015 con la tesi «Figlie della crisi. I personaggi femminili di Heinrich von Kleist», pubblicata sulla rivista «Le rotte - Il porto di Toledo». Sempre presso lo stesso ateneo, nel settembre del 2017, conseguo la laurea magistrale in Filologia Moderna, con la tesi «Con le parole guerra alle parole. Linguaggio e scrittura in Carlo Michelstaedter». Dal 2012 al 2018 sono stato caporedattore del blog «Freemaninrealworld». Insieme con Lorenzo Pica, Raffaele Rogaia e Marco Zindato ho fondato il sito iMalpensanti.it. Sul blog «Bazzecole» i maldestri tentativi di scrittura creativa. Per info e contatti simonegermini@yahoo.com.

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