Operette tumorali – Dialogo di Orfeo e di Euridice

Fuori albeggia. Orfeo, sotto le coperte, sospeso tra il sonno e la veglia, sente una voce femminile, distante come un’eco, chiamarlo per nome.

EURIDICE Orfeo… Orfeo…
ORFEO Chi è?
EURIDICE Sono io, Orfeo, non mi riconosci? Come, hai già rimosso la mia immagine dalla tua memoria? dal tuo cuore? Eppure sono passati solo pochi mesi…

Orfeo, sorpreso, si stropiccia gli occhi appiccicati, si guarda attorno e vede Euridice, la sua Euridice seduta sul bordo del letto.

ORFEO Euridice! Per tutti gli dei… sei proprio tu!
EURIDICE Sì, mio caro, sono proprio io…
ORFEO Per tutti gli dei!

Orfeo si strappa le coperte di dosso e si lancia verso Euridice. Prova ad abbracciarla, a baciarla, ma non ci riesce. L’amata è infatti inconsistente come un ologramma. Orfeo tenta ancora e ancora e ancora, tenta con maggior veemenza, ma finisce per cadere giù dal letto.

EURIDICE No, Orfeo! Non provare ad afferrarmi, non è possibile, purtroppo.

Orfeo, vinto, si inginocchia ai piedi di Euridice.

ORFEO Sto forse sognando?
EURIDICE No, mio caro, no. È tutto vero, ma non mi è concesso comparirti dinanzi nella mia sostanza corporea. E non potrei neppure mostrarmi nella mia sostanza spirituale, ma ho approfittato di un attimo di distrazione di Ade, ed eccomi qua. Avevo tanta voglia di rivederti… di parlarti…
ORFEO Ah… amore mio… Dimmi, come stai?
EURIDICE Mi chiedi come sto? Io ti chiedo: come vuoi che stia? Inizio pian piano ad abituarmi a questa nuova condizione. Non è molto che ho finalmente prosciugato la mia sorgente di lacrime.
ORFEO Ah… Euridice…
EURIDICE Tu invece non la smetti proprio di soffrire. Deve essere il corpo. Guarda come ti sei ridotto. Sei così magro e così pallido. Hai due occhiaie nere profonde come solchi. Sembra quasi che qualcuno abbia smesso ora di prenderti a pugni.
ORFEO È che dormo poco… e mangio solo il necessario, peraltro sforzandomi moltissimo, violentandomi. Ho sempre un groppo qui, in gola, e un fastidiosissimo senso di nausea nello stomaco.
EURIDICE Dovresti parlarne ad un medico.
ORFEO No, non servirebbe a niente. Si limiterebbe a somministrarmi degli psicofarmaci. Lo so come vanno queste cose.
EURIDICE Scrivi?
ORFEO No, mia cara Euridice, no… non ci riesco. Ci provo, ogni sacrosanto giorno, ma non ci riesco. Ogni volta che mi ritrovo davanti il foglio bianco provo una fortissima sensazione di disgusto.
EURIDICE Eppure, più di una volta, ho sentito dire che il dolore, per un poeta, è la più grande fonte di ispirazione.
ORFEO Chi l’ha detto è un bugiardo! Un imbroglione! Il dolore ti svuota, ti svuota completamente, fidati di me.
EURIDICE L’ultima volta che mi sono fidata di te non è andata granché bene. Ma è meglio lasciar perdere. Dimmi, piuttosto, se non scrivi, come passi le giornate?
ORFEO Sono diventato un parassita, un immondo parassita. Me ne sto qui, rinchiuso in questa stanza, e penso e ripenso ai momenti felici che abbiamo trascorso insieme. Sì, ricordo. Ricordo mentre aspetto la morte, mentre aspetto l’arrivo di quell’altezzoso e arrogante di Tanato.
EURIDICE Queste tue parole mi fanno imbestialire. Tu… tu hai avuto una possibilità enorme, irripetibile. Stava andando tutto bene, e non immagini quanto io fossi felice in quegli istanti, mentre riprendevamo insieme la via del mondo, della vita, poi, a un tratto, senza una spiegazione, ti sei voltato, e il mondo mi è crollato addosso. Ah… perché? Perché?
ORFEO C’è una spiegazione, c’è…

Orfeo scaraventa lo sguardo a terra.

EURIDICE Volevi forse essere certo che io fossi dietro di te? È così?
ORFEO No, Euridice, no, non si tratta di questo. Io ti sentivo, non avevo bisogno di guardarti per sapere che mi eri vicina e mi seguivi, speranzosa, gaia. Io sentivo il rumore dei tuoi passi, il profumo dei tuoi capelli, il tuo respiro leggermente affannato per lo sforzo… È un altro il motivo se mi sono voltato.
EURIDICE Quale?
ORFEO Io ho sfidato le tenebre per te. Mi sono spinto fin dove nessuno aveva osato spingersi, e ti confesso che non credevo di essere così coraggioso. Ma forse non si è trattato di coraggio, forse era solo disperazione. Spesso è così labile il confine tra questi due sentimenti, che è facile sbagliarsi. Quando poi ti ho finalmente ritrovata, in mezzo a tanto buio, in mezzo a tanta angoscia, sono stato felice. Ti confesso che lì per lì ho accolto la condizione posta da Ade con sufficienza, senza prenderla troppo sul serio. Caspita, io per te avevo rischiato tutto, mi ero inoltrato negli inferi, figurarsi se potevo cedere a una cosa tanto sciocca. Poi abbiamo iniziato la risalita, contromano, io avanti e tu dietro, perché così com’è angusto e stretto il sentiero che conduce al regno dei vivi, lo è altrettanto quello che conduce al regno dei morti.
EURIDICE Le so bene queste cose, Orfeo.
ORFEO Scusami, vengo al sodo. Tanto ormai quel che è fatto è fatto e non possiamo più rimediare. Insomma, un’idea strana, curiosa mi è apparsa nella mente, e più camminavamo, più essa acquistava consistenza.
EURIDICE Quale idea, per tutti gli dei, quale idea? Parla, Orfeo! Parla!
ORFEO Questa idea: voltarmi, infrangere il divieto posto da Ade e perderti, perderti per sempre e rendere così il nostro amore ideale, irreversibilmente ideale.
EURIDICE Ma che cavolo vuol dire? Ciò che hai detto non ha senso…
ORFEO Può darsi, Euridice, può darsi che per te non abbia senso, ma per me allora un senso ce l’aveva e, nonostante il dolore, continua ad avercelo ancora adesso.
EURIDICE Tu sei pazzo… Condannarmi a morte per rendere il nostro amore irreversibilmente ideale… È follia pura questa. Sarebbe stato meglio non sapere. Ah, come mi pento di esserti apparsa!
ORFEO Tu credi forse che per me sia stato facile, eh? Durante tutto il tragitto ho lottato, ho lottato con me stesso. Ed è stata una lotta sanguinosa, non ne avevo mai sostenuta una così brutale. Una parte di me mi esortava a non voltarmi, a resistere e portarti fuori da quell’impero delle tenebre. Un’altra invece mi diceva di girarmi, di salvare te e il nostro amore senza precedenti dalle banalità della quotidianità, dalle sue convenzioni che ci rendono grigi, sterili, ancor più insignificanti di quanto già siamo. In quegli istanti, mia cara Euridice, credimi, te lo dico con il cuore in mano, ho visto dinanzi ai miei occhi, con spaventosa chiarezza, tutta l’immoralità dell’abitudine.
EURIDICE Per tutti gli dei… Di chi mi ero innamorata? A chi avevo consacrato la mia giovane esistenza?
ORFEO A me, Euridice, a me! Il tuo Orfeo!
EURIDICE Tu… tu mi hai uccisa! Tu hai privato dei poveri genitori della loro figlia! Tutto questo è orribile… Hai pensato solo a te stesso, spudorato egoista. E io che ti credevo… credevo a te, credevo a noi. Ma ora capisco… non hai fatto altro che gettarmi fumo negli occhi.
ORFEO No, Euridice, no! Non puoi essere così dura con chi ti ama più della sua stessa vita!
EURIDICE Come puoi avere il coraggio di parlare ancora d’amore? Tu mi hai ammazzata…
ORFEO Ma, Euridice, tu eri già morta! Vuoi capirlo o no? Eri già morta!
EURIDICE D’accordo, hai ragione, ero già morta, ma tu avevi la possibilità di ridarmi la vita e invece hai preferito non farlo. Questo è quanto.
ORFEO Puoi accusarmi di tutto, di tutto, lo accetto, ma non di aver commesso un omicidio. Io quel giorno ho ucciso solo me stesso e nessun altro.
EURIDICE Sì, certo… Per te è comodo dire ora certe cose. Tu intanto sei vivo, mentre io sono condannata a marcire in questa discarica umana in cui è sempre così buio.
ORFEO La mia vita non è più vita. La mia vita è l’anticamera della morte. Il fiato di Tanato me lo sento sul collo. È questione di giorni ormai. Dall’inferno sono a un passo, sto per varcare la soglia.
EURIDICE Se… se tu potessi tornare indietro nel tempo, se tu potessi vivere di nuovo quel giorno funesto, cosa faresti ora? Ti volteresti di nuovo?
ORFEO Devo essere sincero?
EURIDICE Oh, avrei così tanto bisogno di una salutare menzogna…
ORFEO Non ti posso mentire, Euridice. No, non posso… La finzione non fa più parte della mia persona, se ne è andata via con te.
EURIDICE Ah! Ho paura…
ORFEO Apprezza la mia onestà.
EURIDICE Cosa cavolo me ne faccio della tua onestà?
ORFEO E di una menzogna? Tanto ormai tutto è perduto. Euridice, io mi volterei di nuovo, mi volterei altre mille volte se ne avessi la possibilità. Pensa, cosa sarebbe accaduto se non mi fossi girato?
EURIDICE Saremmo stati felici insieme.
ORFEO Felici? Felici per una vita intera?
EURIDICE Sì.
ORFEO Ti sbagli. Quell’uomo straordinario che ha la fortuna di essere felice, lo è solo in pochi e brevi momenti della sua esistenza. Ora ti dico come sarebbe andata se non mi fossi voltato. Avrei reso la nostra incredibile storia d’amore ordinaria come tutte le altre. Ci saremmo sposati, saremmo andati a vivere insieme, avremmo fatto dei figli…
EURIDICE E non sarebbe stato bello?
ORFEO Come puoi farmi una domanda simile? Tu sei il mio ideale, e mi sono voltato affinché restassi tale! La quotidianità ti avrebbe reso una donna come tutte le altre e questo non potevo permetterlo.

Orfeo, sfinito, si accascia al suolo. Euridice lo guarda con disprezzo.

EURIDICE Non ho mai conosciuto una persona così egoista come te. Nella mia ingenuità, credevo addirittura che non potesse esistere. Tu credi di aver fatto un gesto poetico, un gesto eroico… In realtà sei stato solo un vigliacco. Non hai avuto il coraggio di vivere appieno la nostra storia. Dinanzi alla realtà ti sei ritratto inorridito, inorridito e spaventato come un bambino, e ti sei rifugiato in un sogno. Vile…
ORFEO Un giorno… un giorno capirai. Capirai e apprezzerai il mio sacrificio.
EURIDICE Magari finirò pure per ringraziarti, vero?
ORFEO Sì, mi ringrazierai.
EURIDICE Ma per favore! Nella tua follia, nella tua viltà, dimentichi pure che, morti giovani, non si invecchia.
ORFEO Un giorno un poeta dell’estremo Nord dirà che l’età non dona la maturità, l’età non dona che l’età [1]. Capirai anche senza invecchiare.
EURIDICE Basta! Smettila! Non voglio rivederti mai più!

L’immagine di Euridice si dissolve. Orfeo resta accasciato sul pavimento. Confuse e squillanti voci femminili provenienti dall’esterno gli pungono le orecchie. Allora Orfeo si alza, si specchia alla finestra e sistema la veste.

ORFEO Ci siamo. È il corteo di Tanato che finalmente è venuto a prendermi.

Dopo mesi di volontaria prigionia Orfeo esce dalla sua stanza. La luce del sole già abbastanza alto gli recide le palpebre. Le Baccanti, ebbre, strafatte, prima lo pregano, poi lo dilaniano. Il suo capo, divelto dal tronco, rotola in un ruscello, muto.

NOTE

[1] Knut Hamsun, Un viandante canta in sordina, in K. Hamsun, Pan e altri racconti, trad. it. di Clemente Giannini, Sansoni Editore, Firenze 1966, p. 230.

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Informazioni su Simone Germini

Classe 1989, dopo il diploma di liceo scientifico mi iscrivo alla facoltà di Lettere presso l'Università degli Studi di Roma La Sapienza, dove mi laureo nel luglio del 2015 con la tesi «Figlie della crisi. I personaggi femminili di Heinrich von Kleist», pubblicata sulla rivista «Le rotte - Il porto di Toledo». Sempre presso lo stesso ateneo, nel settembre del 2017, conseguo la laurea magistrale in Filologia Moderna, con la tesi «Con le parole guerra alle parole. Linguaggio e scrittura in Carlo Michelstaedter». Dal 2012 al 2018 sono stato caporedattore del blog «Freemaninrealworld». Insieme con Lorenzo Pica, Raffaele Rogaia e Marco Zindato ho fondato il sito iMalpensanti.it. Sul blog «Bazzecole» i maldestri tentativi di scrittura creativa. Per info e contatti simonegermini@yahoo.com.

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