Il peso dei legami – Seconda parte – Un’idea di felicità

Come prevedibile quello di Carlo è un risveglio traumatico. I postumi della sbronza si fanno sentire tutti, gridano a squarciagola. La schiena, all’altezza dell’osso sacro, gli duole. Carlo si costringe a mangiare qualcosa per poter prendere un antidolorifico, ed è costretto dai genitori a un resoconto dettagliato delle nozze. Ricorda più di quanto si aspettasse. Si è ubriacato in modo intelligente, quella lunga assenza dal tavolo lo ha salvato, come conferma la totale assenza di nausea. Solo il consueto mal di testa e una spossatezza diffusa. Di tanto in tanto ciò che lo circonda inizia a girare, allora Carlo chiude gli occhi, strizzandoli, e attende la fine del girotondo.
Carlo passa quel che resta della mattina, non più di un paio d’ore, vedendo la registrazione del big match di Premier League a cui ieri è stato costretto a rinunciare. Prova a partecipare al pranzo, ma il suo stomaco protesta. Meglio non provocarlo e ripassare più tardi, nel pomeriggio. Carlo si stende a letto e sonnecchia. Nella memoria gli si ripresentano fotogrammi della festa. Il grande giorno, tanto atteso da un anno e mezzo, è svanito in un batter d’occhio. Rivive nitidamente il momento della caduta e prova una grande vergogna. A metà del pomeriggio si alza. Va decisamente meglio, ora sì, può mangiare. Dopo aver sgranocchiato qualche fetta di pane, afferra il cellulare deciso a dare il via all’operazione Letizia. Prima di tutto occorre procurarsi il suo numero. Allora Carlo si rivolge a Lele, che è già in viaggio verso Torino. Nel giro di pochi minuti Lele, tramite Nino, mette a disposizione di Carlo il numero di Letizia, gli augura buona fortuna e gli ricorda il potere taumaturgico della figurina di Ronaldo. Un’arma in più. Carlo ringrazia, sorpreso dall’efficienza della sua squadra. In mente ha un piano ben preciso: quest’oggi si limiterà a farle gli auguri, poi domani le proporrà un incontro.
– Auguri Letizia, di nuovo. Ieri eri incantevole. Il rosso ti dona, ti valorizza, e poi mi permetteva di distinguerti facilmente tra la folla, perché più volte ho sentito l’esigenza di ammirare la tua bellezza.
Carlo ha sempre usato questo tono con le donne, e assai di rado ha ottenuto ciò che desiderava, ma questa volta è certo che sarà diverso.
La risposta di Letizia non tarda ad arrivare.
– Grazie Carlo, sei sempre così gentile, – e alle parole segue una paffuta faccina sorridente.
La prima parte del piano, la più semplice, è andata. La risposta di Letizia permette a Carlo di mantenere intatta la fiducia, anzi, se possibile di accrescerla. Ma la sera con Nino e Rico non si sbilancia, per scaramanzia.
Il giorno successivo Carlo decide di scrivere a Letizia nel pomeriggio. Del resto, ha bisogno dell’intera mattinata per scovare le parole giuste, o presunte tali. Questo il risultato.
– Cara Letizia, perdona il disturbo. Ho un grande bisogno di parlarti, un bisogno che mi porto dentro da mesi, e che non riesco più a trattenere. Mi conosci, sai bene quanto sia goffo, impacciato, talvolta persino ridicolo. Cerco sempre di evitare quelle situazioni in cui possa apparire tale, ma questa volta non riesco a tirarmi indietro, esponendomi da me alla figuraccia. Questa tiritera per convincerti della bontà e della sincerità delle mie parole. Immagino la tua risposta negativa alla mia richiesta, la immagino e la comprendo; la condivido. Ma dovevo tentare, altrimenti non sarei più stato in pace con me stesso. Se dovessi aver ragione – triste ragione! -, sappi che mi limiterò a scriverti altre due righe smettendola subito dopo di importunarti – cosa che accadrebbe anche qualora tu decidessi di incontrarmi, credo -. Grazie, in ogni caso, e scusami.
La captatio benevolentiae è una tentazione alla quale Carlo, nel suo relazionarsi con il genere femminile, non sa resistere.
– Ti allontani per avvicinarti, per cercare conferme, – gli disse una volta una giovane laureata in giurisprudenza dotata di un istinto e di un’empatia eccezionali, cogliendo nel segno. Quella volta a Carlo si rivelò finalmente un’importante parte di se stesso che ignorava, ma non bastò a cambiarlo (e vi assicuro che il tono in cui la giovane e bella giurista aveva pronunciato il suo verdetto era tutt’altro che lusinghiero). Del resto, se uno nasce tondo mica muore quadrato. O meglio, potrebbe pure morire quadrato, ma solo alla vista degli altri, perché dentro resterebbe comunque tondo.
In ogni caso, la risposta di Letizia questa volta, come prevedibile, non è affatto immediata. Carlo attende più di un’ora.
– Carlo, credo nella sincerità delle tue parole, davvero, e proprio per questo voglio essere sincera anche io con te.
Un tale exordium non lascia presagire niente di buono, e infatti ad esso segue il colpo di lancia nel costato. Matematico.
– Sei una bellissima persona, ma io ti vedo solo come un amico.
Nessun dramma. Carlo negli anni è riuscito a maturare una cultura della sconfitta che, anche nella più inattesa e rovinosa disfatta, gli permette persino di provare un certo piacere. Così mantiene la calma, la lucidità e scrive per un’ultima volta a Letizia, mantenendo la parola.
– Cara Letizia, apprezzo la tua sincerità, davvero. Non mi hai permesso di illudermi e di questo ti ringrazio, di cuore. Volevo solo che tu sapessi che al mondo esiste un uomo che ha di te una considerazione altissima, che ti ritiene una donna straordinaria, minuta, sì, ma dotata di una forza incredibile, propria degli elementi naturali. Per molto tempo sei stata per me un’idea di felicità, ogni volta che ti vedevo sentivo qualcosa rianimarsi dentro di me, come se tornassi finalmente a vivere. Mai mi sei stata indifferente, mai lo sarai. Tutto qui.
A quest’ultimo messaggio Letizia decide di non rispondere, e giustamente. Carlo, che sente il piacere dell’ennesima disfatta propagarsi nelle vene come eroina, si domanda se le sue parole l’abbiano almeno fatta sorridere. Poi, proprio come un tossicodipendente, si lascia cadere in poltrona, con le braccia penzoloni e un sorriso da ebete sulla faccia, fissando il vuoto.
Un paio di sere dopo gli scrive Lele, per sapere come è andata.
– È andata male, Lele, l’ennesima disfatta. Grazie dell’aiuto, ma avreste dovuto dissuadermi.
– Non ti abbiamo dissuaso perché questa volta credevamo in un epilogo diverso, tutti.
– E anche io, altrimenti non mi sarei mai esposto.
– Lo so. Beffarda è la sorte.
– Già, beffarda è la sorte, scherza persino la morte. Riesuma sepolte speranze, per poi precipitarti nelle solite mancanze. Crudele se la ride, con il suo ghigno che mai nessuno vide, ma il cui stridente suono ogni uomo sa, e teme come il tuono.
Di una bianca farfalla, appena sfiorata, non resta che polvere.

Il peso dei legami ,

Informazioni su Simone Germini

Classe 1989, dopo il diploma di liceo scientifico mi iscrivo alla facoltà di Lettere presso l'Università degli Studi di Roma La Sapienza, dove mi laureo nel luglio del 2015 con la tesi «Figlie della crisi. I personaggi femminili di Heinrich von Kleist», pubblicata sulla rivista «Le rotte - Il porto di Toledo». Sempre presso lo stesso ateneo, nel settembre del 2017, conseguo la laurea magistrale in Filologia Moderna, con la tesi «Con le parole guerra alle parole. Linguaggio e scrittura in Carlo Michelstaedter». Dal 2012 al 2018 sono stato caporedattore del blog «Freemaninrealworld». Insieme con Lorenzo Pica, Raffaele Rogaia e Marco Zindato ho fondato il sito iMalpensanti.it. Sul blog «Bazzecole» i maldestri tentativi di scrittura creativa. Per info e contatti simonegermini@yahoo.com.

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