È proprio perché troppo ho vissuto, troppo ho sognato, troppo ho desiderato, troppo ho sperato che mi sono esaurito presto, fino a raggiungere questa condizione irreversibile di morte-in-vita che rappresenta l’unica, terribile possibilità di vivere il nulla che ci attende dopo la fine. Il mio precoce esaurimento, il mio vuoto nascono da una straordinaria tensione vitale, incapace di accontentarsi della mediocrità della vita, una tensione che, non potendosi concretizzare, o meglio, non potendosi realizzare, ha divorato infine se stessa. Come scrive il giovane Cioran di sé, non sono io a non essere fatto per la vita, ma è la vita a non essere fatta per me. Del resto, è questo il tragico destino delle nature estreme, radicali, incapaci di accettare compromessi, di accontentarsi della mediocrità che la vita impone. E le nature estreme, non potendo avere tutto, si precipitano nel niente. Il loro temperamento radicale, che tutto vuole, gli impedisce di accettare porzioni e sfumature. Ma la vita offre forse qualcosa di più? No. Per vivere le nature estreme dovrebbero rinnegare se stesse, tradirsi, e non è possibile. Il niente è il loro destino.