Orfeo ed Euridice sono in cammino. Davanti a loro la vita, una luce flebile, ancora lontana, ma proprio per questo luminosissima, persino abbacinante per Euridice. Le fa male agli occhi, che socchiude e abbassa. Sta per nascere una seconda volta. Dietro di loro la morte, un buio senza nome, abissale, terribile, che sembra quasi volerli trattenere. Non è un cammino semplice. Dalla vita spira un fragile anelito d’aria che li rigenera, ma le tenebre appesantiscono il passo. È come se avessero i ferri ai piedi.
Euridice sente che qualcosa turba Orfeo – un brivido le corre lungo la schiena -, il cui passo, alla vista della luce, si è fatto di colpo incerto, esitante. Più d’una volta ha chinato il capo. Sente, Euridice, che Orfeo sta lottando con una forza misteriosa e ostile, e che in ballo c’è la sua vita. Propone a Orfeo di fermarsi, e lui accetta. Sa di non poter nascondere nulla alla sua donna. Si siedono a terra, poggiati l’uno sulla schiena dell’altro. Euridice è rivolta verso l’abisso, e i suoi occhi si riposano, Orfeo verso la luce, ed è come se i suoi occhi, assetati, la bevessero. Ricordano i momenti più belli della loro storia d’amore. Il primo incontro, il primo sguardo, il primo bacio, il primo amplesso. Euridice parla ad Orfeo degli straordinari effetti prodotti nei morti dal suo canto miracoloso. Orfeo parla a Euridice del dolore causato dalla sua scomparsa, della ricerca dell’assassino, del folle desiderio di vendetta. Dinanzi all’uccisore, finalmente scovato, Orfeo comprese che avrebbe dovuto cercare fin dall’inizio lei, non il suo assassino. Si domandano perché Ade abbia posto loro una condizione così crudele e assurda, quale sia la soluzione di questo enigma. Infine Euridice dice ad Orfeo che qualunque cosa accadrà non finirà mai, né per lei né per lui. Entrambi provano un incontenibile desiderio di baciarsi…