Il demone come proiezione della follia dell’infausto. All’inizio una macchia, tremolante, percorsa da strani riflessi, viva sulla parete, poi un’ombra, che sembra contaminare le ombre circostanti e nutrirsi di esse. Un’ombra che mi somiglia, un’ombra che sono io e al tempo stesso no, come l’idea, sempre sbagliata, che le persone hanno di noi. Un demone modesto, meschino, insicuro, angosciato, spaventato, emarginato tanto quanto l’infausto. Un demone talvolta persino impotente, che propone cose e persone già viste, già conosciute. Non c’è niente di nuovo, non più. Ciò che è stato sarà.