Da quel maledetto 26 febbraio 2023 non ha alcuna importanza quanti naufraghi salveremo. Nulla potrà riscattare la morte assurda di quei trenta bambini. Quando anche l’inviolabile viene violato è la fine. E tornare indietro non è possibile. E rimediare non è possibile. Quelle piccole vite spezzate resteranno per sempre lì, a ricordarci la nostra colpa. E dimenticare non serve a niente. Fregarsene non serve a niente.
Tante, troppe sono le cose squallide in questo mondo, in questo nostro mondo occidentale, così democratico, così libero, così civile, che si erge a supremo paladino di meravigliosi valori universali, calpestati da tutti gli altri, ma la più squallida di tutte è, forse, distinguere tra vittime di serie A e vittime di serie B, la cui unica colpa è essere nate in luoghi della terra politicamente irrilevanti. Questa distinzione è squallida quasi quanto le chiacchiere insulse e offensive che si susseguono ogni giorno, senza tregua, da quel maledetto 26 febbraio. Con quale coraggio possiamo ancora considerarci i migliori? La terribile verità è che, parlando degli uomini, distinguere tra migliori e peggiori è un mero esercizio rettorico. Siamo tutti peggiori.