È conveniente, e rassicurante, giustificare il più orribile dei crimini, la guerra, ricorrendo a grandiosi ideali come la democrazia, la libertà ecc. ecc. È così che i governi occidentali giustificano il loro impegno militare nella guerra in Ucraina: democrazia e libertà. Che ormai risuonano come parole vuote, del tutto prive di significato, luoghi comuni fini a se stessi. Perché, in fondo, cosa sono, oggi, in Occidente, questa mitica culla dell’umana civiltà, questo mitico «paese dei santi prodigi», come lo definisce Chomjakov ripreso ironicamente da Dostoevskij nelle Note invernali su impressioni estive, la democrazia e la libertà? La democrazia ormai è una dittatura della minoranza, mentre la libertà, be’, che razza di libertà è quella, citando ancora Dostoevskij, fondata sul milione? Siamo così democratici e liberi, noi occidentali, da lasciare un’imbarcazione stracolma di afghani (un altro popolo che dell’Occidente ha conosciuto tutta la grandezza) in balia del mare in tempesta, causando la morte di decine e decine di poveri esseri umani la cui unica colpa è essere nati nella parte sbagliata, nella parte sfortunata del mondo. Se l’Occidente ha un valore, è nello spirito e nella cultura, non nella politica, ma nessuno lo ricorda più.
Ah, com’è confortevole giustificare la guerra servendosi di luoghi comuni triti e ritriti come la democrazia, la libertà… Com’è confortevole e semplice nascondere dietro questi luoghi comuni, travestiti da sacri valori, i reali interessi, i reali scopi… È come camminare in discesa. Ma la guerra rende tutti uguali, aggressori e aggrediti, tutti carnefici (leggete Chadži-Murat di Tolstoj, fate questo piccolo sforzo). È come la morte, la guerra. Anzi, è proprio la morte, la guerra. Ed è una globale danza macabra quella alla quale assistiamo da un anno a questa parte. Una danza popolata di spettri, tra i quali la democrazia e la libertà sono senz’altro i più illustri.