È un anno che scrivo questi taccuini. Un altro – l’ennesimo – anno di resistenza, al dolore, alla solitudine, alla disperazione, alla vita, è passato. Come un detenuto, sono un po’ più vicino alla meta, e va bene così. Se la prende troppo comoda l’esistenza, ma non posso farci niente. Non ancora, almeno.
Cristina non c’è più. Credo che sia tornata a casa, lo spero. Non mi ha scritto e mi avrebbe stupito il contrario. Sono stato soltanto un cliente per lei, ed è giusto che così. Non merito di più. Lei, invece, è sempre qui. Non passerà mai. Come il dolore. Tra pochi giorni sarà il suo compleanno. Forse le farò gli auguri, anche se non mi risponderà, come l’anno scorso. Anche questo è giusto. Sta iniziando il periodo dell’anno che ama di più. Vorrei scriverle di considerarlo un po’ il mio regalo, anche se è stupido. La stupidità è un effetto collaterale dell’amore. Non c’è scampo.
Ad oggi, Lo straniero è il libro che mi rappresenta di più, ed è stato sconcertante scoprirlo.
Questi taccuini devono concludersi qui.