Anch’io, come Mersault, vivo, o meglio, esisto in uno stato di prigionia. Ma le mie privazioni non fanno parte del castigo, bensì della scelta. La scelta di non uniformarmi alla società, di rifiutare i suoi canoni, di ritirarmi in un angolo senza più chiedere niente a nessuno. È naturale che un prigioniero non abbia accanto a sé una donna, fa parte del castigo, ed è naturale che non l’abbia accanto neppure io, fa parte della scelta. E dunque è inutile struggersi a causa della solitudine, dell’assenza di amore ecc. Sono queste le condizioni della mia scelta, e devo accettarle come un uomo accetta lo scorrere del tempo, ovvero come qualcosa di assolutamente inevitabile. La solitudine non può essere un motivo di dolore. E neppure di tristezza. Non può essere motivo di niente.