Non devo pensare a quanto la mia vita potrebbe essere migliore, ma a quanto potrebbe essere peggiore. Deve orientarmi la bussola del peggio, non dell’insoddisfazione.
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Nelle Memorie di una casa morta Dostoevskij parla di alcuni forzati che restano incatenati al muro per cinque, talvolta persino dieci anni. Ripeto: per cinque, talvolta persino dieci anni. Sanno perfettamente che non usciranno mai dal reclusorio, ma sanno anche che prima o poi verranno liberati dalla catena, ed è proprio il desiderio di tornare a passeggiare liberamente, anche se soltanto nel cortile del reclusorio, a tenerli in vita e in salute.
Se una semplice passeggiata in cortile ci appagasse come appaga questi poveri disgraziati…