Nelle ultime settimane mi sono perso. Ma a volte è necessario perdersi per ritrovarsi.
Mi sono smarrito inseguendo un bisogno vago, indefinito e indefinibile. Ora mi sento stanco, svuotato. Ero come il prigioniero ossessionato dall’idea della libertà, interamente concentrato in essa. Ho dissipato i miei giorni nelle ultime settimane, non ho avuto la piena consapevolezza di me stesso, della mia esistenza. Dall’esterno tutto sembrava tranquillo, consueto, ma io so di essermi smarrito. Sono naufragato nella ricerca di presupposti d’evasione, persino di cambiamento, evidentemente impossibili nella mia condizione. Un fenomeno così inusuale, così strano da inibire del tutto il senso di colpa, perché associato a una percezione dell’insensatezza della vita di rado così – istintivamente, fisicamente – acuta.
Dante nella selva viene soccorso da Virgilio. Io posso contare solo su me stesso ed è questo, forse, il guaio. Sono costretto a brancolare nel buio, senza una guida, senza una fede, senza una speranza. Sono consapevole che il rischio di scivolare in un burrone è altissimo.
Non ho la certezza di essermi ritrovato. Mi scruto con sospetto e diffidenza in questo momento. Sono pur sempre un uomo, e di un uomo è sempre meglio non fidarsi. Devo domare l’insoddisfazione, ricondurla, in catene, nei sotterranei del mio essere, non avendo la forza di eliminarla, e riprendere il pieno possesso di me stesso. Invoco la rassegnazione. Lei sola può salvarmi dal mio caos.
Mi sono perso, sì, ma a volte è necessario perdersi per ritrovarsi.