Non voltarti – VI-IX

VI

C’era qualcosa che avvicinava Alessio a Sonia, che lo attirava verso di lei, come una forza magnetica, un’affinità elettiva, e qualcosa che, al tempo stesso, lo allontanava, lo respingeva, gli consigliava di lasciar perdere. Lo avvicinavano a Sonia quella sensazione benefica di sollievo provata quando lei gli aveva preso la mano e la sua sorprendente somiglianza con Melissa. Ciò che invece lo allontanava era il sospetto dell’ennesima fregatura. La fine della storia con Melissa lo aveva definitivamente convinto del suo destino di solitudine, di nato-senza-amore, e nell’interesse di Sonia vedeva soltanto la manifestazione di una sorta di vocazione crocerossina alla salvezza delle anime perdute, quale egli doveva sembrare a lei. Nella definizione che Sonia aveva dato di sé Alessio misurava tutta la distanza che li separava. Anche Alessio un tempo aveva creduto che le cose potessero cambiare, e su questa convinzione aveva concentrato tutte le proprie forze, ma ora non più. Dopo la dolorosa separazione da Melissa aveva chiuso le porte al mondo e si era rintanato in se stesso, nella sua feroce coerenza. Perché Sonia, apparsa dal nulla, veniva a turbare la sua solitudine, il suo dolore, la sua disperazione? Decise d’incontrarla ancora una volta, la terza, soltanto per chiarire una volta per tutte la questione e dirle addio per sempre, se necessario. Se Alessio avesse conosciuto Sonia prima della sua storia con Melissa, quando nutriva ancora una speranza di salvezza, di resurrezione, si sarebbe innamorato di lei al primo sguardo, per la sua bellezza, e alla prima parola, per la sua sensibilità, la sua intelligenza, ma in quell’ultimo anno tutto era finito per lui, che resisteva soltanto per trovare quella rassegnazione necessaria a lasciarsi morire in pace, senza impelagarsi in ulteriori, inutili sofferenze. Dentro di lui era una devastazione immensa e senza nome, che le parole possono cogliere e descrivere soltanto in parte. Dovremmo indossarlo Alessio, indossare il suo corpo, il suo spirito, la sua coscienza, il suo sguardo dalle palpebre recise per comprendere davvero la devastazione che aveva dentro, ma non è possibile. Eppure del dramma esistenziale di Alessio, di cui la separazione da Melissa era soltanto la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, Sonia aveva compreso la portata, la gravità, come dimostrava quella silenziosa e salutare stretta di mano che ad Alessio, quando ci ripensava, ricordava il bacio di Cristo al Grande Inquisitore nei Fratelli Karamazov.

VII

Dopo il caffè fu la volta della birra, ed ecco Sonia e Alessio seduti all’interno di un locale dalle luci soffuse, non troppo affollato, musica elettronica a basso volume sottofondo.
Sonia domandò ad Alessio cosa ne pensava del libro che gli aveva consigliato, Lettera di una sconosciuta di Zweig.
– È stata una piacevole scoperta, – rispose Alessio, che amava parlare dei libri che leggeva, ma non poteva farlo con nessuno, perché attorno a sé, tranne i genitori, non aveva più nessuno, e allora ne scriveva, pubblicando i suoi contributi critici, insieme ai suoi racconti, proposti senza successo alle case editrici, in un blog disperso nell’oceano della rete. Era una sorta di critico clandestino e di scrittore irriconosciuto, restando nell’ambito linguistico del racconto di Zweig.
– Confesso però, – continuò Alessio, – che mi aspettavo uno sviluppo diverso della vicenda. Mi aspettavo un amore immenso e devoto, ma lontano, discreto, silenzioso, un amore più… come dire… osservato che vissuto, ecco.
– Uno sviluppo del genere lo avrebbe reso più russo, – disse Sonia, sorridendo del suo consueto sorriso, che rasserenava e metteva a proprio agio chi lo riceveva.
– Decisamente. In ogni caso, apprezzo molto l’amore della sconosciuta. Nella sua totalità ha qualcosa di mistico. Come i mistici si annientano in Dio, lei si annienta in R. Ho un debole per queste nature estreme, incapaci di accettare compromessi e perennemente sospese tra il tutto e il niente, tra il bianco e il nero, tra il caldo e il freddo. Perché io stesso, purtroppo per me, sono così e soltanto in personaggi come la sconosciuta, come Pentesilea, come l’uomo del sottosuolo trovo anime comprensive, a me affini, con le quali potermi relazionare su un piano di parità, senza dover temere giudizi.
Alessio aveva pronunciato queste ultime parole con calore, ma si interruppe di colpo. Non credeva che Sonia potesse comprenderlo e questa convinzione lo aveva ammutolito. Nessuno lo aveva mai compreso davvero, nessuno, neppure Melissa, come dimostrava la fine della loro storia. Perché Sonia doveva essere un’eccezione? Alessio non aveva mai conosciuto eccezioni, e da mesi ormai si era rassegnato al suo destino d’incomprensione. Non ne soffriva più. Perché riaprire una ferita che sembrava finalmente cicatrizzata? Perché farsi del male? In quel momento esatto decise che non avrebbe più visto Sonia, che il loro terzo incontro sarebbe stato anche l’ultimo. Era tempo sprecato. Irritato con se stesso, perché Alessio non incolpava mai gli altri dei propri fallimenti, pensò persino di alzarsi e andare via, di piantare lì Sonia.
Alessio non sapeva fingere, non sapeva dissimulare, mascherare ciò che lo agitava dentro, soprattutto se si trattava di sentimenti negativi. Il suo sguardo rifletteva come uno specchio il suo stato d’animo e così Sonia non dovette sforzarsi troppo per scoprire l’improvviso turbamento che lo aveva colto.
– Non ho avuto un rapporto pacifico, conciliante con il racconto di Zweig, – disse Sonia spostando il discorso su di sé. Sperava di tirare Alessio fuori dalle sue sabbie mobili. Ci teneva a regalargli una serata piacevole. – La prima volta che lo lessi, più di dieci anni fa, provai un profondo risentimento per la sconosciuta e il suo amore suicida. Non accettavo che una donna, ma vale per qualunque persona, senza distinzione di genere, potesse decidere di distruggersi per un uomo che, evidentemente, non la merita e non merita il suo amore.
– Questo solitamente accade quando in un personaggio letterario riconosciamo noi stessi, – osservò Alessio. – A me è accaduta la stessa cosa quando ho letto per la prima volta le Memorie dal sottosuolo. Non accettavo di riconoscermi nel protagonista, di essere meschino e spregevole come lui.
– Io non credo che tu sia meschino e spregevole, altrimenti non sarei qui, fidati, – replicò Sonia. – Comunque hai ragione, nella sconosciuta rivedevo me stessa, per questo la detestavo tanto. Era come se mi guardassi a uno specchio che rifletteva tutti i miei peggiori difetti.
– Anche tu sei stata vittima di un amore simile? – domandò Alessio, incuriosito dalle parole di Sonia.
– Forse sarebbe meglio dire di un uomo simile, frivolo, dispersivo, irresponsabile, – rispose Sonia sfuggendo lo sguardo di Alessio. – Ma anch’io, ovviamente, ho delle responsabilità. Ero al liceo e mi sono lasciata travolgere dal mio primo amore, rischiando di perdermi.
– E come ne sei uscita?
– Grazie a uno sguardo, un suo sguardo, che mi rivelò di colpo come di me non gli importasse nulla. Non mi sono mai sentita così piccola e insignificante come in quel momento. Non mi sono mai sentita così… umiliata. Dopo aver fatto l’amore con me, era la mia prima volta, lui mi guardò con un tale disprezzo… persino con disgusto, come se fossi un pezzo di carne privo di valore. Allora compresi che, continuando ad amarlo, avrei annientato me stessa, avrei perduto, forse per sempre, la dignità, e questa consapevolezza mi diede la forza di voltare pagina. Spero che la tua prima volta sia stata più piacevole.
– È stata squallida. Ho avuto il mio primo rapporto sessuale con una prostituta, in un bosco, nel fango, – disse Alessio con vergogna, abbassando lo sguardo, mentre quello di Sonia tornava a posarsi su di lui.
– Io mi sono umiliato da solo, come sempre nella mia vita, – aggiunse con amarezza.
“Dunque è vero,” pensò Sonia, domandando poi ad Alessio cosa fosse per lui l’amore.
– L’amore per me è fede, – rispose Alessio, senza dover riflettere, – è assimilazione della persona amata e, al tempo stesso, dispersione in essa, è comprensione a un livello profondissimo, insondabile e inconcepibile per tutti gli altri.
– Credi che un amore del genere sia possibile?
– Un tempo lo credevo, ora non più, non in relazione alla mia persona, almeno. Sei tornata ad amare dopo la prima, traumatica esperienza?
– Sì, conobbi Pietro, il mio ex ragazzo, al primo anno d’università. Siamo stati insieme per più di dieci anni. È finita durante il primo lockdown. In quei tre mesi, così strani, qualcosa tra di noi si è spezzato per sempre. E pensare che stavamo organizzando il matrimonio…
– E in questi due anni?
– In questi due anni mi sono dedicata interamente a me stessa, come non avevo mai fatto prima, e posso dire di aver raggiunto una discreta serenità.
– Sono felice per te, – disse Alessio provando un pizzico d’invidia, e d’imbarazzo. Raccontando a Sonia del suo amore per Melissa aveva parlato per più di un’ora, mentre Sonia, in poche frasi, aveva racchiuso le sue due storie più importanti. Glielo disse.
– Forse perché io ho superato il trauma, – rispose Sonia, – mentre tu ancora no. Ma per superare un trauma è necessario volerlo superare, soprattutto nel tuo caso. Qual è l’opera che rappresenta meglio la tua storia con Melissa? Te lo domando perché, conoscendoti, sono certa che tu te lo sia chiesto e abbia dato una risposta.
– Ce ne sono diversi. Le notti bianche, Evgenij Onegin…Ma forse l’opera che meglio di ogni altra rappresenta la mia storia con Melissa è Il demone di Lermontov, in cui Satana, grazie all’amore per Tamara, giovane principessa georgiana, spera di riscattare la propria colpa, salvarsi e riprendere il proprio posto in cielo.
– Naturalmente fallisce.
– Sì, naturalmente fallisce…
– Lo leggerò.

VIII

– Credo che sarebbe meglio se non ci vedessimo né sentissimo più, – disse Alessio all’uscita del locale, accompagnando Sonia alla macchina.
– Perché? – domandò Sonia, con un tono di voce che esprimeva più curiosità che dispiacere, come se conoscesse già il modo per far cambiare idea ad Alessio.
– Perché? Perché non ho bisogno di un’amica e non credo che tu voglia essere per me qualcosa di più che un’amica, – rispose Alessio quasi con fastidio.
– Come fai a esserne così certo?
– Perché è sempre stato così, perché guardo te, poi guardo me e non credo sia necessario aggiungere altro. Eccoci arrivati.
– Continuiamo a camminare. Non te la caverai così facilmente. Cosa vedi quando mi guardi?
– Vedo una donna bella, dentro e fuori, sensibile, intelligente, luminosa, comprensiva, che ha avuto la capacità di raggiungere i suoi obiettivi e di costruirsi la vita che desiderava.
– E quando guardi te stesso, invece, cosa vedi?
– Un uomo finito, senza speranza, senza avvenire. Un uomo che ha fallito in tutto ciò a cui teneva di più e resiste soltanto per evitare un dolore terribile ai suoi genitori.
– Hai una visione piuttosto distorta di te stesso, lasciatelo dire, come se ti guardassi attraverso uno specchio rotto, ed è naturale. Io non credo che tu abbia fallito in tutto e che la tua esperienza esistenziale sia finita.
– Cosa te lo fa pensare? – domandò Alessio con un sorriso beffardo sulle labbra. Non si era descritto in quel modo cupo e disperato per sentirsi dire il contrario, non era il tipo. Quello che aveva detto di se stesso lo pensava davvero, e ogni altra lettura della sua situazione esistenziale gli sembrava sbagliata, persino offensiva. Nessuno meglio di lui poteva sapere come stavano le cose.
– Io ti ho riconosciuto, – disse Sonia fermandosi e guardando Alessio dritto negli occhi, con una particolare intensità. Era arrivato il momento di rivelare ciò che finora gli aveva nascosto. – Durante il lockdown, mentre cercavo in rete dei contributi da condividere con i miei studenti, ho scoperto il tuo blog ed è stata una rivelazione. Ho letto d’un fiato tutti i tuoi racconti, i tuoi romanzi, ritrovandovi la parte più oscura e debole di me stessa, quella parte che avevo cercato in tutti i modi di rimuovere. Credevo di esserci riuscita, ma i tuoi testi, dai quali mi lasciai travolgere senza opporre resistenza, mi rivelarono che si trattava di un’illusione, che quella parte esisteva ancora, non era stata rimossa, ma soltanto dimenticata, trascurata e ora tornava a reclamare il suo spazio. Fu come se una barriera fosse crollata di colpo. Restavo sveglia intere notti per concludere la lettura dei tuoi romanzi, e delle tue parole non ne avevo mai abbastanza. Volevo che non finissero mai… Con i tuoi testi mi hai sconvolto la vita, Alessio, mi hai mostrato quanto ci fosse di sbagliato, di forzato, di inautentico in essa, ed è per causa loro che ho lasciato Pietro, che ho mandato all’aria il nostro matrimonio. Grazie a te ho capito che Pietro non era l’uomo giusto al mio fianco e che sarebbe stato un errore madornale sposarlo. Avevo bisogno di concentrarmi su me stessa, di recuperare e integrare quella parte di me colpevolmente trascurata. Per due anni, due interi anni ho pensato e tentato di scriverti, ma senza riuscirci. Decine e decine di volte ho scritto l’e-mail che avrei voluto inviarti, per testimoniarti la mia vicinanza, il mio affetto, la mia ammirazione e la mia gratitudine, ma non ho mai trovato il coraggio di mandarla. Avevo paura… Quando ti ho visto l’altro giorno in libreria ti ho riconosciuto subito, ho riconosciuto il tuo sguardo malinconico e rivolgerti la parola è stato come gettarsi da un precipizio. Già ti conoscevo, già sapevo tutto di te, della tua prima volta con una prostituta, in un bosco, nel fango, della tua storia d’amore con Melissa, della devastazione causata dalla sua fine e di tutto il resto, dei rifiuti dolorosi delle case editrici, dell’impossibilità di trovare un posto in un mondo al quale non importa niente della letteratura, della cultura e dell’esilio forzato, dell’insonnia, dei rapporti tesi con tuo padre, della consapevolezza che ti ha reciso per sempre le palpebre impedendoti di sognare, della ricerca coraggiosa e distruttiva di una perfetta corrispondenza tra pensiero e vita, dell’incapacità di scendere a compromessi e della coerenza feroce, della disperata resistenza all’ossessione del suicidio… Tutto sapevo, tutto…
Prima di andare avanti, chiariamo alcuni punti: Sonia aveva riconosciuto fisicamente Alessio, il suo sguardo perché nel blog di Alessio compariva una sua foto (chi si intendeva di queste cose gli aveva detto che si faceva così, che bisognava metterci la faccia, come se la faccia contasse più dei contenuti), e conosceva tanti particolari della vita di Alessio perché Alessio nei suoi racconti e nei suoi romanzi parlava sempre della propria vita, dando a se stesso di volta in volta dei nomi fittizi (dalla propria esperienza personale tentava sempre di approdare a delle verità universali, non era una semplice scrittura biografica la sua).
La confessione di Sonia lasciò Alessio di stucco, come frastornato. Era la prima volta che una persona gli parlava con tanto ardore dei suoi testi. Anche Melissa li aveva apprezzati, certo, ma non avevano sconvolto la sua vita come nel caso di Sonia, e anche per questo motivo la loro storia era terminata.
– Perché non me lo hai detto subito? – domandò Alessio dopo aver superato l’iniziale, traumatico stupore.
– Io… non lo so, – sussurrò Sonia, – ma non credere, ti prego, che volessi prenderti in giro. Ora capisci perché non credo, non posso credere che tu abbia fallito in tutto e che la tua esperienza esistenziale sia finita? Io sono la prova che tu non hai fallito, che i tuoi testi e dunque la tua vita (perché i tuoi testi sono la tua vita, lo so) hanno senso e valore. Tu cambi la vita delle persone, Alessio, hai questo dono e questa responsabilità, che devi sostenere con coraggio e preservare con cura.
– Non so che dire, – balbettò Alessio, frastornato da una tempesta di sensazioni che lo colpiva da tutte le parti e dalla quale non riusciva a difendersi. La confessione di Sonia lo aveva incendiato ed egli bruciava.
– Dimmi solo che ci rivedremo.
– Va bene.
– Dimmelo.
– Ci rivedremo.
Sonia abbracciò Alessio e lo strinse con forza a sé, come se volesse trarlo in salvo da un precipizio.

IX

Mai nessuna donna aveva abbracciato Alessio in quel modo, con quella forza, una forza sorprendente, inimmaginabile in una creatura come Sonia, così piccola ed esile. Mentre Sonia lo stringeva a sé, Alessio aveva tentato di eguagliare quella stretta, ma non c’era riuscito: era troppo forte l’abbraccio di Sonia. Quell’abbraccio Alessio ora se lo portava dentro, era parte di lui, come le ultime parole di Sonia, che gli ronzavano senza sosta nella testa, come se qualcuno d’invisibile gliele sussurrasse in continuazione. Non immaginava che i suoi testi potessero avere un impatto del genere sulla vita delle persone. Non immaginava di poter cambiare la vita delle persone. Già Melissa gli aveva detto qualcosa di simile, e anche per questo si era innamorato di lei, ma alla fine si era rivelata un’illusione: nella sostanza la vita di Melissa non era affatto cambiata, e nella vita di Melissa non c’era posto per Alessio. In realtà, sino a quel momento, in nessun luogo nel quale si era recato Alessio aveva trovato un posto. Erano tutti occupati, e così aveva passato la vita in piedi, defilato in un angolo, sedendosi di tanto in tanto a terra per concedere un po’ di riposo alle sue gambe magre e stanche. L’apparizione di Sonia spalancava nuovi, inattesi orizzonti? Alessio se lo domandava, ma non trovava la risposta, forse perché non voleva trovarla. Non aveva alcuna intenzione d’illudersi e di farsi male per l’ennesima volta. L’esperienza con Melissa gli aveva insegnato che il valore e il peso delle parole è relativo, che ciò che è stato detto in un momento non vale più l’istante successivo. Era così che funzionava, per tutti, tranne che per lui, che alle parole attribuiva una validità universale: quando scriveva oppure pronunciava una parola, Alessio la scolpiva nella pietra. Era l’unico coerente in un mondo d’ipocriti. Le parole di Sonia gli facevano piacere, certo, come è naturale e giusto che sia, ma non gli avevano fatto ritrovare la fiducia perduta. Se avesse conosciuto Sonia prima di Melissa si sarebbe innamorato perdutamente di lei, l’avrebbe considerata la donna giusta, la sua donna, quella che attendeva da una vita, ma Melissa aveva cambiato tutto. Melissa aveva concluso tutto. Cos’altro poteva aspettarsi dalla vita dopo quella terribile delusione? Meglio voltare le spalle e rintanarsi in un angolo, ripiegarsi su se stesso e rassegnarsi al proprio destino di solitudine, dolore e disperazione.
Ad ogni modo, la confessione di Sonia aveva sortito gli effetti sperati, aveva trattenuto Alessio, che ora provava una sorta di debito di riconoscenza, senza riuscire tuttavia a comprendere cosa volesse esattamente Sonia da lui. Gli aveva manifestato la sua ammirazione, la sua gratitudine, il suo affetto, d’accordo, e ora? Alessio aveva deciso di scartare, a priori, ogni possibile spiegazione di carattere sentimentale, per non farsi illusioni, per non cadere nella solita trappola della delusione, della frustrazione, e faticava non poco a rintracciare ragioni slegate dall’amore, forse perché, senza esserne pienamente consapevole, provava nei loro confronti un rifiuto istintivo. O l’amore o niente: nei suoi rapporti con le donne Alessio aveva sempre ragionato in questo modo, come in ogni altro campo della vita, del resto. O tutto o niente: era questa la spietata e distruttiva logica che lo aveva sempre guidato nelle sue scelte. Suo malgrado, era sempre stato costretto a scegliere il niente. Tornando all’amore, non credeva che un uomo potesse essere amico di una donna, chiunque sostenesse il contrario lo riteneva, senza mezzi termini, un ipocrita. La sincera gratitudine che provava nei confronti di Sonia lo rese meno brusco e spigoloso, ma la sua decisione, in fondo, restava quella d’interrompere il prima possibile il loro rapporto, a meno che lei, naturalmente, non le dichiarasse il suo amore. Ma come poteva Sonia amare Alessio, per quanto grande fosse la sua ammirazione? Alessio se lo domandava in continuazione e sorrideva amaramente, convinto che solamente una donna disperata, sull’orlo dell’abisso e già con un piede nel vuoto, potesse innamorarsi di lui. Ora, Sonia non era certo una donna disperata: era bella, aveva realizzato i suoi desideri, almeno in ambito lavorativo, ed era sola soltanto perché aveva deciso di restare sola, non come nel caso di Alessio, per il quale la solitudine era un destino. Se soltanto Sonia avesse voluto, non avrebbe faticato a trovare un uomo disposto ad amarla, a consacrarsi completamente a lei.
E Sonia, in tutto ciò? Sonia non era stata sincera quando alla domanda di Alessio sul perché non gli avesse detto subito come stavano le cose, aveva risposto che non lo sapeva. Sonia sapeva perché aveva aspettato, perché aveva rimandato il momento della confessione: per lei era stato come denudarsi, spogliarsi dell’ultima corazza, la più profonda, la più intima, e mostrarsi in tutta la sua fragilità. Per questo motivo nei due anni precedenti non era riuscita a inviare ad Alessio quella e-mail che pure decine e decine di volte aveva scritto, sulla carta e nella mente, e che equivaleva a privarsi anche dell’ultima barriera protettiva che le restava. Quando aveva visto Alessio in libreria, al suo fianco, aveva provato una sorta di vertigine e gli aveva rivolto la parola quasi suo malgrado, quasi con incoscienza, come se fosse qualcosa di cui non poter fare a meno, e che pure non si è convinti del tutto che sia giusto fare. C’era qualcosa in Sonia che opponeva resistenza, ed era la consapevolezza di compiere un passo importante, forse persino decisivo, per la vita di entrambi. Conosceva la fragilità di Alessio, la propria e temeva di ferire lui e se stessa. Se alla fine gli aveva confessato tutto, era stato soltanto perché rischiava di perderlo. Incalzata da questa triste possibilità, aveva tentato il tutto per tutto, mettendo in gioco se stessa, la propria storia e la propria debolezza. No, Sonia non voleva perdere Alessio, dopo averlo finalmente trovato: valeva la pena rischiare. Era stato un uomo importante per lei, i suoi testi le avevano cambiato la vita e ora qualcosa di irresistibile la attirava verso di lui. In Alessio vedeva tutto ciò che aveva sempre cercato, e certamente Alessio avrebbe visto in Sonia lo stesso se non avesse avuto dentro di sé una tale devastazione. Ma Sonia era certa che Alessio, grazie anche al suo aiuto, al suo sostegno avrebbe potuto ricostruirsi, rifondarsi ed era disposta ad attendere tutto il tempo necessario. Alessio, però, da parte sua, doveva permetterle di stargli accanto, di sostenerlo e accompagnarlo nella sua rinascita. Sonia sapeva che un uomo, per quanto deluso, per quanto distrutto dalla vita, conserva sempre dentro di sé un desiderio di riscatto, di rinascita e che per farlo sbocciare bisogna saper toccare le corde giuste. Sonia credeva di poterlo fare, e non per un semplice slancio assistenziale da crocerossina, ma perché nei confronti di Alessio provava qualcosa di simile all’amore. Lo aveva provato dal momento in cui aveva scoperto i suoi testi, e ora che lo aveva conosciuto di persona il suo sentimento cresceva e si rafforzava di giorno in giorno. Non era più una ragazzina pervasa dal mito dannunziano e assecondava il suo amore con cautela, guardandolo talvolta persino con sospetto, e sapeva di doverci andare piano con Alessio, perché un uomo disperato è capace di tutto, anche di rinunciare alla felicità, talmente profondo e radicato è il suo risentimento verso la vita.

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