Memorie dal nulla – Prima parte. Il nulla – III

Ogni volta che mia madre mi dice: è uscito questo concorso, ho trovato questa offerta di lavoro, mi domando perché io non possa consumare i pochi anni che mi restano qui dentro, tra le quattro pareti della mia stanza, in compagnia dei libri. Perché dovrei immergermi nella lotta, sgomitare per ritagliarmi uno spazio nel mondo se la vita non ha senso e un giorno tutto ciò che mi circonda svanirà di colpo con la mia morte, come se non fosse mai esistito? Ogni volta che un uomo muore il mondo muore con lui. Dopo di noi è il diluvio, sempre e comunque, sia che si muoia soli e poveri, sotto un ponte, nell’indifferenza generale, sia che si muoia circondati da affetti e ricchi, lasciando un ingente patrimonio. La realtà è dura, ma è la realtà.
Nonostante questo, un paio di settimane fa, tanto per fare un piacere ai miei genitori e soprattutto a mia madre, senza alcuna aspettativa né intenzione di riuscire, mi sono recato a un colloquio di lavoro, il mio primo colloquio di lavoro dal conseguimento della laurea specialistica tre anni fa, come operatore di magazzino per la più importante azienda al mondo nel settore dell’e-commerce: Amazon.
Dopo un’ora di attesa, passata a osservare i volti segnati dalla necessità dei poveri disgraziati in cerca di lavoro, mi ritrovai faccia a faccia con un uomo poco più vecchio di me, sui trentacinque anni. Mi accolse con un sorriso unto, fasullo, indicandomi la sedia. Era vestito di tutto punto, indossava una camicia azzurra e una giacca beige, ma non la cravatta (uno stile, come lo chiamate voi? casual?), ed emanava un profumo intenso, dolciastro, quasi femminile, che appestava l’intera stanza e offese le mie narici non appena vi misi piede. Quell’odore forte, esagerato, insopportabile e quel suo sorriso di circostanza, così sfacciatamente ipocrita, lo resero ancor più disgustoso ai miei occhi dalle palpebre recise, perché disgustoso, per me, lo era a prescindere, per la sua professione e per il fatto che la esercitasse per una simile azienda. Mi trasmise subito, a pelle, un nauseante senso di viscidume. Mi sembrava di avere a che fare con un grosso serpente.
Visto che da quell’incontro non avevo nulla da guadagnare, decisi di divertirmi un po’. Se avessi avuto davanti una bella donna, mi sarei limitato ad ammirarla, sarei stato garbato e gentile, persino accondiscendente. Con un uomo proprio no. La stessa cosa mi capitava sempre in treno, quel maledetto carro bestiame che dovevo prendere tutti i giorni per andare all’università: se accanto a me si accomodava una donna mi facevo piccolo piccolo, stringevo i gomiti per lasciarle maggiore spazio, durante la lettura ne ammiravo il riflesso sul finestrino, mentre se accanto a me si piazzava un uomo (e accadeva quasi sempre, cosicché mi ritrovavo a benedire la presenza femminile al mio fianco come un miracolo) allargavo i gomiti, occupavo quanto più spazio possibile, chiudevo gli occhi e mi costringevo ad assopirmi, troppo arrabbiato per proseguire la lettura.
Avrei voluto andarci piano, in un certo senso godermela, torturarlo lentamente, ingannarlo, lusingarlo e poi colpirlo, abbatterlo, schiacciarlo a terra e calpestarlo, ma, non appena mi domandò le ragioni della candidatura, giudicata inusuale per le mie lauree in Lettere e in Filologia moderna, sbottai, travolgendolo come un fiume in piena.
– La disperazione, – risposi guardandolo dritto negli occhi, sforzandomi di ribaltare i ruoli con lo sguardo duro, implacabile, il tono della voce secco, le parole offensive. – Solamente la disperazione potrebbe spingere un uomo dotato anche solo di un briciolo di coscienza critica a lavorare per il più grande schiavista vivente. Quella disperazione che lei, evidentemente, non ha mai conosciuto nella sua vita e non può neppure immaginare. Mi domando come lei possa arrogarsi il diritto di giudicare un uomo, di valutare se sia idoneo oppure no a svolgere questo lavoro. Su quali basi? E che lavoro poi… Perché nell’annuncio non scrivete semplicemente magazziniere, ma operatore di magazzino? Perché non chiamate le cose con il loro nome? Perché prendete in giro le persone in modo così sfacciato e offensivo? Eh? Lei giudica tutti quei poveri disgraziati che là fuori sono in cerca di un lavoro, ma con quale diritto? Chi è lei? Perché si spruzza addosso mezza boccetta di questo profumo disgustoso, nauseante, ogni mattina? Forse perché spera che da quella porta entri una bella donna da sedurre? Ma nella disperazione il sesso è l’ultimo dei pensieri, soprattutto per una donna, si fidi di me. Lei deve ritenersi una persona così necessaria… Lei deve credere di valere molto, di essere una sorta di superuomo con la sua vita soddisfacente… Caro mio, voglio rivelarti un segreto: sei misero, inutile e insignificante proprio come quei poveri disgraziati che là fuori sperano di ottenere un lavoro. Non sei migliore di loro. Anche tu, come loro, non sei altro che un piccolo e insulso schiavo, una marionetta manovrata dai potenti e niente di più. Prima di lasciarti alla tua bella vita voglio dirti un’ultima cosa, Minosse da quattro soldi: se volessimo cambiare davvero questo sporco mondo, questa immensa pattumiera sospesa nel nulla, il tuo padrone sarebbe uno dei primi uomini da eliminare.
– Tu sei pazzo, – mi rispose lui, con un sorriso nervoso sulla faccia tirata. La risposta e l’espressione del volto mi diedero la certezza di essere riuscito nel mio scopo: rovinargli la giornata.
– Certo, non sapete trovare altri argomenti voi. Un uomo si oppone al vostro lurido mondo e subito lo definite pazzo. Ma è meglio essere pazzi e liberi che sani e schiavi, – ringhiai a denti stretti, alzandomi dalla sedia e uscendo dalla stanza.
Augurai buona fortuna al povero disgraziato che veniva dopo di me e lasciai l’edificio, quel piccolo inferno di cemento armato. Non tornai subito a casa. Avevo bisogno di spazi ampi, sterminati per sbollire l’odio. Passai due ore in riva al mare, senza vedere niente, senza sentire niente, incapace di concepire un solo pensiero che mi distraesse dal nulla, naufragando nella mia disperazione.

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Informazioni su Simone Germini

Classe 1989, dopo il diploma di liceo scientifico mi iscrivo alla facoltà di Lettere presso l'Università degli Studi di Roma La Sapienza, dove mi laureo nel luglio del 2015 con la tesi «Figlie della crisi. I personaggi femminili di Heinrich von Kleist», pubblicata sulla rivista «Le rotte - Il porto di Toledo». Sempre presso lo stesso ateneo, nel settembre del 2017, conseguo la laurea magistrale in Filologia Moderna, con la tesi «Con le parole guerra alle parole. Linguaggio e scrittura in Carlo Michelstaedter». Dal 2012 al 2018 sono stato caporedattore del blog «Freemaninrealworld». Insieme con Lorenzo Pica, Raffaele Rogaia e Marco Zindato ho fondato il sito iMalpensanti.it. Sul blog «Bazzecole» i maldestri tentativi di scrittura creativa. Per info e contatti simonegermini@yahoo.com.

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