Il peso dei legami – Prima parte – Un’attività di elezione

E dunque Carlo è vittima del tarlo della scrittura. Gran parte delle sue giornate da neolaureato disoccupato le passa curvo sulla scrivania versando litri e litri d’inchiostro come se non ci fosse un domani, scolandosi d’un fiato una bic dopo l’altra.
Scrivere con la consapevolezza di essere uomini, scrivere possedendo la coscienza di poter morire da un istante all’altro. Giusto. Ma serve a qualcosa? Cambia forse qualcosa?
Scrivere è torturarsi, un atto di sadomasochismo puro. Scrivere costringe a fare i conti con se stessi quando invece da se stessi si dovrebbe fuggire a gambe levate. Chi sostiene il contrario è uno sciocco.
Scrivo obtorto collo. Se potessi la smetterei all’istante, e con gioia peraltro. Ma la scrittura è un male che ti accompagna fino all’ultimo dei tuoi giorni. Scrivere è come fumare. Il vero fumatore non smette, perché non può smettere. La volontà è una menzogna, una puerile illusione. Scrittore e fumatore, una disgrazia. Sento il mio corpo implorare pietà, ma non conosco pietà. Heautontimorumenos. Punitore di me stesso. Totò Merùmeni, tra i miei più cari amici.
Carlo iniziò a scribacchiare sedicenne. Per causa sua, Marta, la prima. E sempre per causa sua iniziò a fumare. Dapprima solo versacci, poi anche prose, ma esclusivamente racconti. Un uomo a pezzi scrive a pezzi. Passò del tempo prima di dare le sue parole in pasto a terzi. Allorquando Marta svanì, cessò il dolore e la penna di Carlo prese a interessarsi anche di ciò che lo circondava e non solo di ciò che si trascinava dentro.
Dannato autobiografismo. La rovina della letteratura italiana, iniziata a crepare nel ’63 – l’anno di nascita di mia madre, ritrovatasi disoccupata, come me, ma a cinquantatré anni, Sophia Loren e Marcello Mastroianni in Ieri, oggi, domani, quando la sensualità non faceva rima con volgarità – con Lessico famigliare della Ginzburg, piccolo libro inutile. La donna non è fatta per scrivere. Una donna non eguaglierà mai un uomo. La donna è madre, ha una forza terragna che noi uomini non conosciamo e non possiamo conoscere, per questo siamo così inclini alla metafisica. In un mondo di sole donne Dio non sarebbe mai stato inventato. Società matriarcale: amazzoni. La regina Pentesilea che si avventa su Achille e lo sbrana, strappa brandelli di carne dal corpo statuario del Pelide, circondata dalla sua muta di cagne, anch’esse tutte rigorosamente femmine. Innamorata pazza, come non saprebbero mai esserlo sul Monte Athos. Hai reso superfluo tutto il teatro, mio caro Heinrich, cigno compreso.
Rinchiuso nella sua fucina di provincia, Carlo impiegò anni a creare la sua opera prima. Una raccolta di racconti, tristissima copia dostoevskiana, come la definì lui stesso, inviata con l’ingenuo entusiasmo del neofita a decine e decine di case editrici del belpaese. Risposte poche, peraltro veicolanti proposte a pagamento. Mica siamo una tipografia, noi. Eccetto una. Il direttore di una micro casa editrice dal nome in cifre.
«Gentile Carlo,
grazie per la sua mail.
Nonostante in questo momento sia molto preso da un nuovo progetto che sta per partire e da tutti gli altri impegni più concreti grazie ai quali riusciamo a portare avanti la nostra micro casa editrice, sono riuscito a leggere a campione il suo scritto.
Le dico subito che sono molto diffidente nei confronti di tutto ciò che ci arriva. Il più delle volte la cosa si conclude con una mail in cui diciamo che l’opera non rispecchia la nostra filosofia editoriale e bla bla bla. Non raramente ci viene risposto che non capiamo niente, che il lavoro rifiutato è opera di altissimo ingegno e così via. Le dico anche che l’incipit del primo racconto e la sinossi non mi avevano entusiasmato. Vi sentivo troppi riferimenti a un certo tipo di letteratura da primo Novecento, quella nata nelle sacche di resistenza al futuro da parte del sedicente poeta che viveva di ormai inutili e manieristici sfridi tardo-tardo-tardo romantici. Una reazione che ha dato il meglio di sé, credo, in quell’atteggiamento sottilmente ironico di certi crepuscolari. E dopo, facendo una ricerca con il suo nome in rete (lo faccio sempre, per sapere con chi ho a che fare), ho trovato un suo pezzo su Corazzini, che è uno dei miei poeti preferiti. Allora ho deciso di leggere altri punti del suo libro. E quelle che mi sembravano negatività mi sono apparse punti di forza. Innanzitutto la scrittura. Classica, di sicuro, ma solida, professionale, corretta, distante anni luce dagli orrori quotidiani che mi arrivano per mail. Quando ricevo quei materiali da parte di avvocati, professoresse, periti chimici rispondo sempre: “Avete un lavoro, tenetevelo stretto e lasciate perdere la scrittura. Cosa direste se domani mi presentassi nel vostro studio o laboratorio e mi spacciassi per avvocato o perito chimico?”. Insomma, si vede chiaramente che per lei la scrittura non è un hobby, ma un’attività di elezione. Mi lascia il tempo di leggere con più calma quello che mi ha mandato?
Grazie.
T. L.»
Tripudio immediato. Baci, abbracci, lacrime, congratulazioni. Vecchie bottiglie stappate, brindisi, fuochi d’artificio, cittadinanze onorarie, processioni straordinarie della Madonna delle Grazie. Ma passarono i giorni. T. L. non si fece più sentire. Eppure da quel giorno Carlo porta le parole dell’editore della micro casa editrice ovunque con sé, ripiegate nel portafogli. Licenza di scrittura.
Io non sono come tutti gli altri aspiranti scribacchini frustrati. Carlo Ottaviani è altro. Verrà il giorno. Oh se verrà.
Intanto venne un’altra raccolta di racconti, la seconda, dalla scrittura meno classica, un esperimento moderatamente espressionista. Anche questa prostituita, non più con l’ingenuo entusiasmo della prima volta, ma con il disgusto di chi è consapevole della propria immorale depravazione eppure non riesce a farne a meno.
Carlo si rivolse di nuovo alla micro casa editrice di T. L. Appena inviata l’e-mail, una brutale ultim’ora gli ferì gli occhi e il cuore: «È morto per un malore improvviso lo scrittore T. L.». Carlo sentì qualcosa spezzarsi per sempre dentro di lui. C’era forse una speranza, un’ultima, fragilissima speranza, ora anche questa era svanita. Seppellire l’ambizione è tra le attività più complesse e dolorose nella vita di un uomo. Significa in sostanza seppellire se stessi.
Carlo passa gran parte delle sue giornate da neolaureato disoccupato curvo sulla scrivania versando litri e litri d’inchiostro come se non ci fosse un domani, scolandosi d’un fiato una bic dopo l’altra. È certo, non ne otterrà altro che una scoliosi con i fiocchi.

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Informazioni su Simone Germini

Classe 1989, dopo il diploma di liceo scientifico mi iscrivo alla facoltà di Lettere presso l'Università degli Studi di Roma La Sapienza, dove mi laureo nel luglio del 2015 con la tesi «Figlie della crisi. I personaggi femminili di Heinrich von Kleist», pubblicata sulla rivista «Le rotte - Il porto di Toledo». Sempre presso lo stesso ateneo, nel settembre del 2017, conseguo la laurea magistrale in Filologia Moderna, con la tesi «Con le parole guerra alle parole. Linguaggio e scrittura in Carlo Michelstaedter». Dal 2012 al 2018 sono stato caporedattore del blog «Freemaninrealworld». Insieme con Lorenzo Pica, Raffaele Rogaia e Marco Zindato ho fondato il sito iMalpensanti.it. Sul blog «Bazzecole» i maldestri tentativi di scrittura creativa. Per info e contatti simonegermini@yahoo.com.

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