I taccuini di Tarrou – 71

Ho distrutto tutto ciò che andava distrutto: Dio, lo stato, la società, con le loro rispettive menzogne e illusioni, con i loro rispettivi pregiudizi e luoghi comuni. Ho ricondotto l’essere e l’esistenza alla loro dimensione elementare, denudandoli di tutti gli stracci con i quali gli uomini deboli, malati e malvagi li avevano ricoperti nel corso dei secoli. Sono giunto al fondo delle cose, oltre il quale è il nulla, e ho pagato un prezzo altissimo: non posso più sognare, non posso più sperare, non conosco più entusiasmi e passioni, non ho più niente da scoprire e conquistare, da desiderare. Sono solo e nudo in una solitudine e in un vuoto senza fine, nel silenzio più assoluto, senza passato e senza futuro, persistente in un presente che assume talvolta i tratti terribili dell’eternità. Sono un grumo di consapevolezza potenziata fine a se stessa, irresponsabile, perfettamente inutile e sterile, e queste riflessioni estemporanee non sono altro che fuggevoli bagliori nella notte. Scrivere è sempre più spesso per me una costrizione, un esercizio vacuo – il silenzio è diventato ormai la mia condizione più naturale. Vivo nel nulla, io stesso sono nulla, un essere effimero senza più tempo, senza più una voce, solo, nudo, disperato, vuoto come il vuoto, inconsistente come uno spettro, un’eco che si spegne lentamente nella luce tenue del crepuscolo, un’ombra che svanisce a poco a poco al calare di una sera senza luna e senza stelle. Cupio dissolvi.

Dipinto di Arnold Schönberg
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