Tutto ha inizio dalla percezione del dolore. È la percezione del dolore, più o meno acuta, oppure del tutto assente, a determinare il percorso spirituale dell’uomo (in sua assenza non c’è spirito, ma soltanto un barbaro istinto di conservazione e di appagamento dei bisogni più elementari e meschini), sin dall’infanzia. Quanto più essa è sviluppata, radicata, profonda, tanto più l’individuo sviluppa quel sentimento del tragico che lo porta a considerare la vita per quello che effettivamente è: un dramma senza soluzione. Allora è naturale che il suicidio s’imponga come l’unica opportunità a disposizione dell’uomo per porre fine, di sua spontanea volontà, alla propria tragedia, che è la tragedia di tutti, in ogni tempo e in ogni luogo, in ogni condizione sociale, ma che egli percepisce più acutamente degli altri.