Non c’è libertà e pace nell’annientamento di sé senza una ferma volontà di morire. In questo senso, non sono molti i suicidi che manifestano una decisa, autentica volontà e consapevolezza di distruzione. Il più delle volte il suicidio risponde a una temporanea necessità di oblio, non a una irreversibile necessità di annientamento. Ci si uccide insomma non per scelta, non perché il proprio percorso spirituale prevede infine la distruzione di sé, ma per disperazione, per una mortale spossatezza. In questi casi uccidersi è come mettersi a dormire.