I taccuini di Tarrou – 395

Tutta l’opera, dunque tutta la vita di Nietzsche è una strenua, coraggiosa, grandiosa e disperata resistenza al dolore, alla solitudine, all’insensatezza, alla terribile verità di Sileno insomma:

«L’antico mito racconta di come il re Mida abbia dato la caccia per molto tempo al saggio Sileno, il seguace di Dioniso, senza prenderlo. Quando infine gli cadde tra le mani, il re chiese quale fosse la cosa in assoluto migliore e maggiormente desiderabile per gli uomini. Rigido e immobile, il demone tace; finché, costretto dal sovrano, con un riso stridulo erompe in queste parole: Miserabile stirpe d’un giorno, figli del caso e della pena, perché mi costringi a dirti ciò che per te sarebbe vantaggiosissimo non sentire? La cosa in assoluto migliore per te è del tutto irraggiungibile: non essere nato, non essere, essere niente. Ma la seconda cosa migliore per te è – morire presto».

Nietzsche consacra la propria esistenza, il proprio genio alla trasformazione del «fango in oro», come scrive egli stesso nella lettera a Overbeck del dicembre 1882, e riesce nel suo scopo, ma pagando a carissimo prezzo il suo sforzo di filosofo e scrittore alchimista, con la follia, probabilmente l’incubo peggiore di ogni creatore.

Edvard Munch, Ritratto di Nietzsche

Naturalmente, il trionfo filosofico-letterario di Nietzsche, che trova in Così parlò Zarathustra il suo massimo, più luminoso risultato, non cambia la sostanza delle cose. La terribile verità di Sileno resta l’unica verità certa accessibile all’uomo. Per quanto si possa mutare il dolore in gioia, la solitudine in libertà e indipendenza, l’assurdità in sensatezza, il nulla in destino ed eterno ritorno, il dolore, la solitudine, l’assurdità e il nulla restano il nucleo sostanziale e incontrovertibile dell’esistenza e della condizione umana. Non si tratta di un’opinione, ma di un dato di fatto, determinato anzitutto dal nostro destino mortale. La distruzione dell’essere è l’unico orizzonte immobile e raggiungibile. È lì che ci dirigiamo, tutti, iniziando il nostro inesorabile cammino verso la fine nel grembo materno.

Edvard Munch, Madonna
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