I taccuini di Tarrou – 363

Mi ha detto tante cose Cristina ieri sera. Sarebbe difficile riportarle tutte.

È stata costretta a rivedere i suoi piani e mi dispiace. Non lascerà l’Italia alla fine di settembre, come mi aveva annunciato durante il nostro ultimo incontro, ma a fine anno. Ha bisogno di soldi, Cristina, e non tanto per sé, quanto per la sua famiglia, ma non vuole spremersi. Preferisce metterci più tempo, ma lavorare alle sue condizioni, con serenità, piuttosto che accettare qualunque cosa e velocizzare i tempi. È molto selettiva Cristina, e forse questo la salverà. A volte ha delle crisi e non lavora per giorni. Se ne sta chiusa in casa, senza fare niente. Le ho detto che il giorno in cui mi comunicherà la sua partenza sarò felice, molto più felice di quando vado a trovarla. Non comprende come una donna possa decidere di fare questo mestiere per anni, Cristina, non lo accetta. Perché questo mestiere non è un mestiere normale, ti svuota, ti inaridisce, ti raggela, ti disumanizza. Il rischio di fare la fine della Maslova è altissimo. E risorgere poi è difficile.

Ho parlato a Cristina della mia concezione dell’amore come legame profondo e indissolubile tra due esseri, confessandole che inizio a dubitare fortemente della sua esistenza.
Esiste, – mi ha risposto Cristina con convinzione. Secondo lei tra non molto troverò una donna capace di amarmi. Una donna «buona e brava», così l’ha definita. Anche su di me proietta la sua fede nella vita e nell’amore, che resiste, nonostante tutto, illuminando con la sua luce la mia esistenza buia. Ma è soltanto un attimo.

Ormai ci vediamo più per parlare che per fare l’amore. L’amore è soltanto un intermezzo tra una conversazione e l’altra. È molto bello questo, ma non me lo posso permettere. A livello sessuale siamo su due piani completamente diversi, inconciliabili. Per Cristina è soltanto lavoro, una pratica da sbrigare in fretta. Per me è autentica passione. Non ci incontreremo mai, e questa cosa mi rattrista molto.
Ho provato quella sgradevole e pericolosa sensazione di gelosia pensando Cristina in compagnia di un altro uomo. Mi sono affezionato a lei e lei lo sa. Forse ha paura che di lei possa innamorarmi. O forse, nonostante tutti i bei discorsi, per lei sono soltanto un cliente e per questo non vuole vedermi al di fuori della sua stanza. Mi piacerebbe passare del tempo in sua compagnia fuori da quelle quattro mura imbiancate di fresco. Non le domanderei nulla, giuro. Forse posso ancora innamorarmi, ma soltanto di una donna che mi ami e Cristina non potrebbe mai amarmi. Non sono l’uomo giusto per lei. Lo leggo nei suoi occhi. Non sono l’uomo giusto per nessuna donna, in realtà. Lo leggo negli sguardi delle donne che incontrano il mio, di sguardo. Credo che la mia immagine rifletta tutta la mia disperazione, e quale donna vorrebbe avere accanto un uomo disperato?
La stessa cosa, ora che ci penso, vale per i miei testi. Chi vorrebbe leggere testi disperati e rovinarsi la giornata? Soltanto i disperati leggono libri disperati, ma i veri disperati sono pochi. Sono sicuro che persino i senzatetto che incontro sotto i portici di Piazza del Popolo ogni volta che mi reco da Cristina nutrano ancora delle speranze, nonostante tutto.

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