I taccuini di Tarrou – 348

Ogni uomo, più in generale ogni essere vivente, è vittima di una tragedia. La mia, di tragedia, è avvenuta, come per ogni uomo, il giorno della mia nascita, quel lontano 2 marzo 1989 che ogni giorno di più mi pesa, nella testa, nel cuore e nel corpo, come un macigno. Come Sisifo, lo trascino su per il mio Calvario. Credo di essere giunto in cima. Attendo. Sostengo il macigno della mia vita, del mio dolore, della mia disperazione – che sono il dolore e la disperazione di ogni uomo, anzi, di ogni esistente -, resisto al suo peso affinché non mi schiacci, affinché sia io, con la mia volontà, con la mia indipendenza, con la mia libertà a gettarlo giù dalla rupe, liberandomene – finalmente – per sempre.

«…dentro covile o cuna,
è funesto a chi nasce il dì natale».

Perché la vita non è la vita, ma la morte, ed è anche, se non soprattutto, la consapevolezza di ciò a rendermi un suicida.

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