I taccuini di Tarrou – 308

Non troverò mai la pace, ora lo so con certezza. La pace, forse, è riservata soltanto a chi ha una fede, e io credo di aver perduto per sempre ogni fede. Ma la rassegnazione, quella sì, è alla mia portata, e credo persino di averla raggiunta. Gli ultimi cinque anni della mia vita sono stati una lunga e faticosa educazione alla rassegnazione, a me stesso, alla mia superfluità, alla mia inadeguatezza, alla mia solitudine, al mio dolore, alla mia disperazione. Credo di poter dire con relativa certezza di essermi ormai rassegnato alla mia vita priva di soddisfazioni, colma di angosce e fallimenti, di delusioni. Mi sono rassegnato anche alla fine della mia storia con Lei. Finalmente ho capito che la nostra relazione è stata soltanto un’illusione, che tra di noi ci sono state soltanto parole. Parole belle, importanti, indimenticabili, certo, ma soltanto parole, che valgono poco quando in un rapporto è soltanto una delle due componenti a dare loro un valore sacro.

È davvero tutto finito ora. Al di là della vita e della morte, in una dimensione esistenziale pura, ridotta alle braci inesauribili della sofferenza, dell’essere-per-soffrire e viceversa, potrei restarmene per anni e anni rinchiuso nella mia stanza in attesa del momento giusto per svanire nel nulla. Il tempo non c’è più. Tutta la mia esistenza si concentra in un unico punto isolato e differente da tutto ciò che lo circonda, indefinibile, incomprensibile, inconcepibile per qualunque altro essere.

Dico addio, a tutto ciò che avrei voluto essere e non sarò mai. A tutti i miei sogni, a tutte le mie speranze, a tutte le mia ambizioni e a tutte le mie aspettative. Io non ho più nulla da attendere, se non la fine.

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