I taccuini di Tarrou – 291

I luoghi della letteratura russa dell’Ottocento sono i miei luoghi: è lì che ho passato gran parte della mia vita, senza sentirmi mai a disagio, fuori posto. Fisicamente sono qui, ma idealmente vivo a Pietroburgo, Skotoprigonevsk – la cittadina dal nome assurdo, traducibile come “recinto di bestiame”, dei Fratelli Karamazov -, Oblomovka, Golovlëvo.

Skotoprigonevsk in una illustrazione di Ilya Glazunov

A proposito, questa mattina mi sono casualmente imbattuto nel programma di un corso di letteratura russa tenuto alla Sapienza, dedicato alla figura dell’uomo superfluo e, leggendolo, ho provato una gioia sottile e sciocca, beffarda e quasi maligna, dovuta alla consapevolezza che potrei tenere senza alcuna difficoltà un corso del genere (tutti i testi in programma, da Che disgrazia l’ingegno! alle Memorie dal sottosuolo, sono miei testi, fanno parte fisicamente della mia persona e della mia storia, come organi, parenti, amicizie e amori). Ma, come il grande Bruno, uno degli eroi della mia gioventù, sono un «academico di nulla academia».

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