I taccuini di Tarrou – 281

Secondo la «sanguinante matematica che regola la nostra condizione», come scrive Camus, siamo tutti condannati a morte, d’accordo, ma ciò non significa che il nostro stato sia terribile tanto quanto quello del condannato a morte dalla legge. Noi possiamo contare su continui rinvii (ogni giorno, dal giorno della nascita, è, di fatto, un rinvio), il condannato legale no: egli conosce il giorno e l’ora della propria morte ed è spaventoso. L’indeterminatezza rende il destino mortale meno amaro.

La stessa cosa vale per il concetto di agonia. In quanto esseri destinati a morire, siamo tutti degli agonizzanti, come scrive Cioran, ma la nostra indeterminata, prolungata, dilatata nei decenni agonia, è decisamente meno spaventosa di quella del condannato a morte, concentrata tutta in poche settimane. La legge è più terribile dell’ontologia. L’uomo è riuscito nella diabolica impresa di rendere la sua condizione, di per sé necessariamente sanguinante e disperata, ancor più feroce e violenta: chapeau. Eccola qui tutta la sua celebrata grandezza…

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