– Buongiorno, – si è rivolta a me una vecchia donna, il passo pesante, strascicato, la schiena curva sotto il peso degli anni, mentre mi recavo da Cristina per il nostro ultimo incontro. Non l’avevo mai vista prima. Evidentemente era affetta da disturbi psichici. Non ho risposto al suo saluto, perché tendo sempre a ignorare questo genere d’individui: temo che la loro follia possa espormi al ridicolo, come se non lo fossi già abbastanza di mio, ridicolo.
– Buon pomeriggio e buona serata! – ha aggiunto dopo qualche istante, irritata e persino offesa dalla mia indifferenza.
Mi sono voltato, perché la vecchia pazza procedeva in direzione opposta alla mia, le ho gettato un rapido sguardo e, sempre senza rispondere, ho continuato a camminare.
Avrei dovuto cogliere il funesto presagio e ritardare di qualche ora la mia visita a Cristina, attendere almeno che calasse la notte. Quella donna, con la sua follia, aveva ormai segnato la mia giornata, l’aveva listata a lutto, deturpata. Individuo sempre i funesti presagi – tali soltanto perché influenzano negativamente il nostro stato d’animo, sia chiaro -, ma non li rispetto mai. Se lo facessi mi risparmierei parecchie delusioni, perché molto spesso è soltanto ciò che abbiamo dentro a determinare la percezione dell’esito delle nostre azioni.