I taccuini di Tarrou – 254

Nella mia devastazione immensa e senza rimedio, conosco ancora delle ore preziose e consolanti, quelle ore in cui, solo nella mia stanza, mi abbandono completamente alla lettura e alla scrittura. Senza voci umane attorno che mi ricordino l’impossibilità, la drammaticità della mia condizione, in queste ore sottratte alla vita, alla sua violenza, alla sua ferocia, non percepisco un’altra realtà e un altro mondo all’infuori della pagina che ho davanti agli occhi. Tutto ciò che è al di fuori di essa svanisce, non esiste più. In queste ore di perfetta rassegnazione provo qualcosa di molto simile alla serena gioia degli amanti quando si lasciano naufragare l’uno nello sguardo dell’altro. Di queste ore ho provato a fare tutta la mia vita, ma non ci sono riuscito e me ne restano non più di un paio al giorno. Quando anche queste non ci saranno più, allora non mi sarà più possibile resistere al dolore, alla solitudine, alla disperazione e sarà la fine. La mia esistenza è tutta in queste due ore, senza di esse è per me naturalmente impossibile sopravvivere, come per un pesce (persino per Itti, che pure ha in sé la propria salvezza) lo è al di fuori del mare.

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