I taccuini di Tarrou – 243

Sono un vagabondo dello spirito. Nel mio immobilismo fisico, spiritualmente ho percorso milioni di chilometri, attraversato secoli, incontrato migliaia di uomini. Curvo sulla scrivania, inoperoso in apparenza, ho vissuto bruciando dieci vite per volta. Chi mi rimprovera di aver rinunciato a vivere, non ha capito cosa sono, non ha capito che basta un libro a sconvolgermi per sempre e un’idea a bruciarmi, non ha capito che in compagnia degli uomini mi sento solo, mentre in compagnia dei miei libri solo non lo sono mai stato. Ogni singola lettura è per me un’esperienza, e un’esperienza che può sconvolgermi la vita, come nessun viaggio fisico ha mai fatto. Ora, per esempio, leggo Le affinità elettive e il dramma di Carlotta e Ottilia, di Edoardo e il Capitano è il mio dramma.

In queste poche righe è racchiusa tutta la mia inutilità. Che se ne fa il mondo, questo mondo, di un individuo del genere, di un vagabondo dello spirito? Per me non c’è posto, non c’è cittadinanza in questo mondo, sono una sorta di apolide metafisico relegato in un angolo, dimenticato da dio.

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