Nel mio rapporto conflittuale, sanguinoso con il mondo il risentimento è evidentemente reciproco: io rinuncio al mondo e il mondo rinuncia a me. Forse la prima rinuncia, la mia, è avvenuta in funzione della seconda. Del resto, non mi sono mai assolto, e se mi sono permesso di smascherare le bestialità e le mancanze del mondo, è stato solo dopo aver smascherato le mie bestialità e le mie mancanze. Non ho mai trovato piacere o consolazione nella denuncia, anzi, mi addolora riconoscere ogni sacrosanto giorno quanto questo mondo sia ingiusto e disumano, come vada esattamente al rovescio. Allo stesso modo, non c’è mai stata esaltazione nella mia percezione del dolore, non mi sono mai inebriato della sofferenza. Ripeto, sono il primo a voler fuggire da me stesso, ma io sono niente e non si può fuggire dal niente, che ci attende lì, alla fine della vita ovvero della morte, tutti, indistintamente, belli o brutti, bianchi o neri, ricchi o poveri, buoni o cattivi, felici o tristi.